Non profit

Tra passato e futuro l’oggi ci fa paura

In anteprima l'editoriale di Riccardo Bonacina che apparirà su Vita non profit magazine in edicola da domani. Una riflessione sulle paure di questo periodo

di Riccardo Bonacina

Tutti siamo rimasti colpiti dalla sorprendente partecipazione popolare al saluto di tre personaggi diversissimi, eppure, ciascuno, simbolo di tre grandi città e, quindi, dell?Italia. Prima l?addio a Giorgio Gaber a Milano, poi quello di Giovanni Agnelli a Torino, e infine il saluto ad Alberto Sordi a Roma. I maniaci dei numeri hanno parlato di una manifestazione di partecipazione al lutto dei tre grandi personaggi che ha mobilitato più di 700mila persone. E commentatori e sociologi hanno, giustamente, sottolineato come tale partecipazione sia stata davvero popolare, non solo per il numero di persone mobilitate, ma anche per la trasversalità della partecipazione.
è stato a tutti evidente come non si sia trattato di una mondanizzazione del lutto, ma piuttosto dell?espressione sincera di un dolore, forse di un rimpianto, nel riconoscere che un pezzo di storia, della propria storia e del proprio passato, se ne stava andando insieme a quelle figure simbolo. Come se la partecipazione agli addii a Gaber, Agnelli e Sordi c?entrasse intimamente con un pezzo di noi. Un pezzo di storia in cui abitava e abita la nostra identità personale e collettiva, con i suoi difetti e le sue qualità.

Non so se queste manifestazioni di affetto, di nostalgia, di sincero dolore sarebbero potute accadere qualche anno fa, prima di quel tragico 11 settembre. Non credo. è che da allora il futuro ci fa ogni giorno più paura, l?incertezza sul domani è diventato il Dow Jones quotidiano del nostro umore, da 18 mesi (540 giorni!), la nostra vita è tenuta sulla corda da tamburi di guerra che non hanno mai cessato di rullare. Sono stati bruciati milioni e milioni di euro dei risparmiatori, e non sappiamo bene se l?inflazione sia al 2,8 o all?8%. Cambia l?università e cambiano i contratti di lavoro. Cambia materialmente il paesaggio delle nostre città per immateriali speculazioni immobiliari. E il domani ci fa paura.

E’ come se non riuscissimo a guardarlo, ad immaginarlo. Anche perché imprigionati, obbligati all?ossessione binaria della reductio a due, della reductio a ieri, di ogni ragionamento: per la guerra o contro la guerra, contro Berlusconi o pro Berlusconi, sanfedista o islamico. I talk show ci ammansiscono la loro volgare grammatica quotidiana. Volete non rimpiangere gli svelamenti e smarcamenti intelligenti di Gaber, o l?ironia realista e il sorriso di Sordi, o la potenza fattiva d?Agnelli? Così ci si ripiega sul passato, aggrappandoci a chi lo può restituire con qualche grandezza, verità o realismo.

Ma il passato è infido e torna anche con la sua demenza, con la sua violenza, s?insinua nella paura di futuro, si intrufola in quest?infinita sottolineatura del male che ogni giorno scriviamo e riscriviamo, e te lo ritrovi davanti all?improvviso sul treno Roma-Arezzo. Le Br, la pistola 765, gli occhi di ghiaccio.

Il passato torna e uccide. Come se non n?avessimo già abbastanza dell?oggi e di tutto quel che accade. Impauriti dal futuro, camminiamo guardandoci indietro, incapaci di vedere le infinite trame di bene che pur si sviluppano ogni giorno vicino a noi e chiedono di essere raccontate, rivendicate, affermate. Che il bene trionfi sul male è una questione dell?oggi, del presente di ciascuno, del nostro quotidiano. La scelta del bene e non l?insistente sottolineatura del male, deve diventare il nostro a priori. Se vogliamo camminare guardando l?oggi e la realtà. Senza paura.

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