Formazione

Tra Finanziaria e riforme. La scuola muore di troppe leggi

Niente fondi per i docenti. Pochi contro il drop out. Disparità tra regioni sulla formazione. E ombre sul tempo pieno. L’anno si annuncia complicato (di Marco Bianchi).

di Redazione

Oggi la scuola si colloca in un doppio sistema di riforma: quello dell?autonomia e quello derivante dalla modifica del titolo V della Costituzione. Lo stress da ?riforma? ha colpito il mondo della scuola. Riforme proposte e mai realizzate, altre modificate o addirittura stravolte in itinere, altre ancora in fase di metabolizzazione. Tutto ciò è avvenuto con il mancato coinvolgimento della scuola reale: prima con Berlinguer, ora con la Moratti, la scuola si è sentita estranea ai contenuti proposti e disorientata nel rincorrersi dei decreti attuativi, con la penuria cronica di risorse mai rese sufficienti al decollo del sistema. L?autonomia richiama una nuova idea di Stato, fondata sul federalismo sussidiario e solidale, in grado di valorizzare le diversità contro i rischi della frantumazione e di recuperare la dimensione locale. Tuttavia, il primo decreto attuativo della riforma, varato a settembre, ha riacceso preoccupazioni. La scuola dell?infanzia non rientra nell?esercizio del diritto-dovere così come previsto dalla stessa legge, la generalizzazione si scontra con le disponibilità finanziarie riaccendendo preoccupazioni tra gli enti locali, anche in riferimento all?età di accesso (due anni e mezzo) senza aver previsto nuove professionalità in grado di accogliere questi bambini e senza tener conto delle liste di attesa. Anche per l?accesso alla scuola primaria viene modificato il termine: si potrà accedere a cinque anni e mezzo. Ma quel che più conta è l?introduzione dell?orario annuale obbligatorio (891 ore) che reintroduce una superata modalità organizzativa (attività integrative) per nulla funzionale rispetto alla richiesta del 25% delle famiglie sul tempo pieno (40 ore settimanali) e che in realtà come quella milanese, ad esempio, è diffusa per il 70%. Il medesimo trattamento in ordine al ?tempo scuola? è riservato alla scuola media, per la quale il tempo prolungato è superato venendo meno le risorse previste. Occorre valutare la riforma Moratti con spirito critico e propositivo, e scevri da pregiudizi politici e ideologici, sia per gli impatti professionali sia per le ripercussioni socio-culturali derivanti dalla precocità delle scelte dei percorsi formativi conseguenti all?abrogazione dell?obbligo scolastico. A proposito di questo si è resa necessaria la stipula di Protocolli d?intesa tra il ministero dell?Istruzione, il ministero del Lavoro e le Regioni al fine di dare risposta, in assenza di normativa nazionale, a tutti quei ragazzi che affronteranno la scuola superiore: tutti i protocolli sono stati sottoscritti in un quadro ampio di possibilità che di fatto configura nella formazione professionale la possibilità di fare tutto e il contrario di tutto in mancanza di livelli essenziali e standard minimi condivisi nazionalmente, con la ripercussione sul riconoscimento delle qualifiche da una regione all?altra. Fatto ancora più inquietante: la discussione sulla scuola secondaria (licei e istruzione professionale) è in alto mare. Una parte del sistema si avvia ?sperimentalmente? senza tener conto del resto. Un accenno alle risorse nella Finanziaria per la scuola. Lo stanziamento di soli 90 milioni di euro, da distribuire su più obiettivi importanti, ipoteca negativamente la prospettiva di un riallineamento dell?Italia all?Europa. Rimangono lontani i traguardi derivati dagli impegni comunitari stabiliti a Lisbona: elevare all?85% il numero medio dei giovani diplomati o con qualifica professionale; aumentare del 30% il tasso di partecipazione degli adulti all?istruzione e alla formazione; elevare del 30% il numero di aziende italiane che investono in formazione continua; dimezzare il tasso di abbandono scolastico nella fascia di età 15 -19. Sconcerta, infine, l?assenza di risorse e investimenti per la valorizzazione del personale docente, che pur rientra negli obiettivi del Piano di realizzazione della riforma e su cui il ministro aveva assunto precisi impegni.

Marco Bianchi


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