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Tra Bertinotti e Fini vinse… Berlinguer

Rifondazione a Rimini: la svolta new global è solo un’illusione. An a Bologna: vivacità, orgoglio e attenzioni al sociale. L’opposizione ds a Roma: qualcosa di nuovo...

di Ettore Colombo

Week end di importanti congressi di partito, quello scorso. Turismo politico, dicono i giornalisti ?grandifirme?, che ci vanno matti. Cosa resta, passata la festa? Qualcosa resta. Ad esempio capisci che i congressi, oramai, servono a poco, nella nuova democrazia della Seconda Repubblica. Bertinotti? Mai stato in discussione, ti dicono a Rimini, V congresso del Prc (sul taccuino annotiamo: contestuale congresso della Gran Loggia d?Oriente, il cui Gran Maestro dice: «Da noi ci sono i giovani». Anche lì? Tristezza invernale di una città che è, Aldo Bonomi e Ligabue docent, un ?distretto del piacere?. E una nota positiva: concerto di Daniele Silvestri, al ?Gi-8?). Eppure Graziella Mascia, una tosta, che a Genova e Porto Alegre c?era per davvero, parla apertamente di «gestione familistica del partito». Ohibò, ma non era Cossutta, quello accusato di ogni nefandezza all?epoca della scissione? Misteri della politica. Certo è che, di politica, si parla poco, a Rimini. Siamo tutti ebrei La discussione sembra vertere piuttosto su alcuni principi di storia della filosofia: stalinismo, trotzkismo, leninismo, antisemitismo, ebraismo, diritto all?autodeterminazione dei popoli, pacifismo, pansindacalismo, operaismo, socialismo. E surrealismo. Di una dirigenza politica che vorrebbe riallearsi con l?Ulivo, ma comelodiciamoainostridopoaverfattocadereProdi? Che non può non attaccarsi al grande carro della Cgil che punta allo sciopero generale, macomelospieghiamoainostridopoaverfattodituttopercercaredispaccarla? Segue ?articolazione? interna tra grassiani (quelli di Claudio Grassi), ferrandiani (quelli di Marco Ferrando), bertinottiani (lo dice la parola). Morale: vince Bertinotti, grida «Siamo tutti ebrei», Santoro (Michele) applaude. E la globalizzazione? E il bilancio partecipativo? E la democrazia dal basso? Certo, oltre Cofferati, Casini, Fassino e Rutelli (ordine di gradimento della platea) c?era anche Vittorio Agnoletto, «pallido, emaciato, un fascio di nervi», recitano le cronache, reduce dai lupi israeliani versione aereoportuale. Sostiene che senza i giottini lo sciopero generale non si farebbe. Magari le cose non stanno proprio così, ma dirlo serve a far felice Bertinotti. E dunque, diciamolo. E gli altri? Dov?era il popolo di Seattle e Porto Alegre, al congresso? Scarseggiava. Casarini non è venuto, Caruso non è venuto, don Vitaliano Della Sala è sospeso. Rete Lilliput, Acli, ong? Non registrate. In compenso, è venuto Piero Bernocchi, segretario dei Cobas scuola. Che, catapultato da una macchina del tempo targata 1977, urla contro i sindacati «subalterni ai padroni». «Grazie, compagno Bernocchi. Passiamo ora alle votazioni sui documenti». La strada perché s?incontrino davvero, movimenti e Rifondazione, è lunga, vista da Rimini. Destra, destra, destra Bologna, dove è in corso il secondo congresso di An, dista poco, da Rimini, ma come cambia, la scena: là un?atmosfera cupa e scalcagnata, qua sole, potenza e velocità. «Fatece largo che passamo noi», sembrano dire. Campeggia il blu acceso, nei sorrisi, nei vestiti e nelle facce di dirigenti e militanti. Tutti entusiasti, tutti vestiti secondo un look ?berlusconiano di complemento?, coté ?destra perbene?. In ogni caso, «destra, destra, destra», altro che rifondazione. Una destra non più catacombale, che ha passato gli esami e con la sufficienza piena. E che si può permettere il lusso delle correnti, le coccarde, i conciliaboli e le riunioni di area, i ministri in fila al bar. Tanto, anche lì, Fini ha vinto e non si discute. Veramente non si discute nemmeno chi dovrà fargli da vice, ma cosa importa: in fondo, come congresso sono solo al secondo (dal ?94, quello di Fiuggi) e qui è la strada della democrazia interna che è ancora lunga. Come pure lunga e ostinata è rimasta la memoria, quella che fa applaudire il tricolore, «i giovani di Salò e quelli degli anni 70», ma anche popolana e un po? cafona, che vorrebbe difendere i diritti della povera gente e dei disoccupati, mica quelli dei ricchi. E così Gianni Alemanno, vero leader della destra sociale, fa votare un ordine del giorno che chiede ammortizzatori sociali, riforme, dialogo. Il partito seguirà? Fini, per ora, tentenna. Forse dovrebbe darsi il coraggio di Casini, astro nascente della nuova mediazione politica, che l?ha chiesto per davvero, e proprio dal palco di Bologna, il dialogo sociale. Suscitando un pandemonio (nel Polo). Aprile romano Fine del tour politico, naturalmente, a Roma. Sabato pomeriggio la sinistra è esanime, affossata dalle divisioni sul corteo pro Palestina. Domenica mattina rinasce, grazie all?associazione Aprile, area ex minoranza diessina a Pesaro, atteggiamento baldanzoso e platea vitale, temuta da Fassino (presente) come da D?Alema (assente). Anche a sinistra s?inizia a vedere la quadratura del cerchio: la manifestazione è un successo, dai professori ai girotondi ci sono tutti. Mancano Prc e no global, ammonisce Cesare Salvi, ma non la saggezza. Giovanni Berlinguer rimprovera Pancho Pardi che seguita ad attaccare Berlusconi come un disco incantato: «Guardiamo avanti», gli dice. Achille Occhetto parla di «liberalismo alibi del liberismo», di «Sharon che vuole creare un Bantustan palestinese». La gente che esce dal teatro ha la faccia soddisfatta, felice. Sergio Cofferati pure.


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