Invisibili. Come se non avessero avuto alcun ruolo nel favorire il reinserimento delle persone con problemi di tossicodipendenza. Peggio: come se non esistessero. Le cooperative sociali sono state escluse dal novero delle organizzazioni con cui collaborerà il nuovo Dipartimento per le politiche antidroga.
L?articolo 13 della Finanziaria, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 29 settembre e ora all?esame del Senato, prevede la costituzione del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga che dovrebbe ereditare le competenze attribuite al Dipartimento per le politiche sociali del ministero del Welfare. Al Dipartimento spetterà il «coordinamento delle politiche per prevenire, monitorare e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze?». L?articolo prevede che il Dipartimento dovrà collaborare «con le associazioni, le comunità terapeutiche e i centri di accoglienza operanti nel campo della prevenzione, recupero e reinserimento sociale dei tossicodipendenti?». E le coop sociali?
I tossicodipendenti coinvolti nelle attività delle cooperative sociali sono oltre 22mila. Gli utenti delle cooperative sociali di tipo A sono poco più di 19 mila (9.700 al Nord, 8mila al Centro e 2.600 al Sud). Le persone svantaggiate presenti nelle cooperative sociali di tipo B sono invece 3.400, la metà al Nord.
«È un fatto grave», dice Patrizia Balbo, presidente della cooperativa sociale, di tipo A, Nuova vita di Vicenza, che gestisce una comunità terapeutica residenziale per tossicodipendenti con 30 posti. «Dopo la fase terapeutica, che può durare dai sei mesi a un anno», spiega, «si passa al reinserimento che non può che essere gestito da una cooperativa sociale, soggetto imprenditoriale che nasce proprio con questa finalità». Nel 2001 è stata promossa l?istituzione dei dipartimenti per le dipendenze che prevedono il coinvolgimento delle cooperative sociali. «Nei dipartimenti», prosegue Balbo, «le cooperative sociali svolgono una funzione che non può essere assolta da altri».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.