Territori
Toscana, si apre il laboratorio verso un nuovo modello di welfare
Dall’infanzia alle Rsa, dai centri disabili alle dipendenze, ecco ciò che chiedono imprese, cooperative, associazioni e sindacati riuniti per la prima volta insieme per affrontare i problemi del settore in dialogo con la politica. Gli assessori regionali Bezzini e Spinelli: «La crisi del welfare è un problema per i cittadini, le organizzazioni sociali e le istituzioni. Pronti a un confronto vero per trovare soluzioni reali e - se servisse- anche a una mobilitazione comune»
di Redazione
Sette proposte per il welfare integrato toscano. Ad avanzarle sono, per la prima volta insieme, imprese, associazioni e sindacati (la Cgil), riuniti al Fuligno di Firenze per l’evento dal titolo “Attacco al Welfare toscano, le analisi e le proposte per salvarlo”, moderato ieri dal direttore di VITA Stefano Arduini e molto partecipato tanto che una cinquantina di persone non ha potuto assistere per ragioni di capienza.
Erano presenti fra gli altri l’assessore al Diritto alla salute e sanità Simone Bezzini, l’assessora alle Politiche sociali Serena Spinelli e il presidente della Commissione sanità del Consiglio regionale Enrico Sostegni.
Gli attori del welfare toscano hanno proposto alle istituzioni l’apertura di un tavolo per la definizione di protocollo d’intesa per mettere a sistema le soluzioni migliori con l’obiettivo di mantenere invariato il livello dei servizi offerti ai cittadini toscani, oggi messo a rischio da una serie di criticità emerse e condivise durante il confronto. Confonto a cui hanno preso parte le centrali cooperative del settore sociale con l’intervento di Alberto Grilli, il Coordinamento Gestori Rsa (Maurizio De Scalzi), il Coordinamento Gestori Centri di Riabilitazione-Rsd (Roberto Cutajar), il Ceart Coordinamento Enti Accreditati della Toscana (Giovanna Moscatelli), il Cnca Toscana – Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Matteo Lami e Lorenzo Corsellini), Cncm Toscana-Coordinamento Nazionale Comunità per Minori e Coordinamento Pollicino (Augusto Borsi). Vediamo dunque in sintesi le maggiori problematicità.
Infanzia, adolescenza e famiglia
Occorre favorire l’applicazione uniforme nei territori delle linee di indirizzo sulle comunità e per la genitorialità vulnerabile adottate dalla Conferenza Stato Regioni: è necessaria una corretta identificazione dei costi di funzionamento delle strutture e dei servizi socio-educativi, per elaborare linee guida per la gestione delle convenzioni, co-progettazioni e gare di appalto. Urgente anche una revisione delle tipologie di struttura socio-educativa residenziale-semiresidenziale e dei modelli organizzativi.
Cooperazione sociale
L’inserimento lavorativo di persone svantaggiate è un bene comune che aumenta la sicurezza e la coesione sociale, oltre a generare un risparmio di risorse pubbliche. Assistiamo però ad un’inadeguatezza delle modalità di affidamento dei servizi socio sanitari, assistenziali, educativi e finalizzati all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e del ruolo assegnato alla cooperazione sociale, tra gare d’appalto spesso riconducibili al massimo ribasso e un uso dello strumento dell’amministrazione condivisa che sta snaturando la co-progettazione.
Il rinnovo del contratto nazionale, del tutto doveroso per le lavoratrici e i lavoratori del comparto che hanno subito in questi anni gli effetti dell’inflazione sul potere d’acquisto dei loro salari, rischia di pregiudicare la sostenibilità economica di molte delle strutture e dei servizi e “presidi di prossimità” garantiti dall’articolato sistema della cooperazione sociale, se le pubbliche aqmministrazioni interessate e committenti non dovessero riconoscere i necessari adeguamenti dei corrispettivi contrattuali.
Rsa
È necessario adeguare le tariffe. Dalla pandemia alla ripresa dell’inflazione, con l’aumento dei costi energetici, il settore ha registrato forti perdite economiche, che gli interventi di sostegno a livello regionale hanno compensato solo in parte. Necessario, quindi, l’aumento della quota sanitaria proporzionale ai tabellari rinnovati previsti nei nuovi contratti di riferimento; adeguamento delle rette con la norma del 50% a carico del Sistema Sanitario Nazionale e del 50% a carico della quota sociale dei Comuni.
Residenze sanitarie per disabili e centri di riabilitazione
Auspicando una rapida convocazione del Tavolo di lavoro con la Regione previsto fin dagli accordi del 2018, si chiede l’aggiornamento delle tariffe con decorrenza da gennaio 2024: l’ultima revisione tariffaria risale al 2018 e la questione non è più rimandabile, considerato che l’inflazione e le varie bolle speculative hanno prodotto incrementi di costo di beni e servizi ben oltre il 15% in 4 anni. Questa urgenza si lega anche all’incremento delle retribuzioni del personale, dovuto all’applicazione dei nuovi contratti di lavoro: il livello di costi raggiunto non consente più alcun equilibrio delle gestioni e il rischio è quello di depotenziare e dequalificare enormemente i servizi per le persone disabili.
Dipendenze
È necessario perseguire la sostenibilità economica investendo le risorse necessarie per adeguare le tariffe ai maggiori costi sostenuti dalle comunità e dagli enti e garantire la sopravvivenza del sistema. Tutela dei lavoratori, che nei servizi alla persona sono elemento indispensabile per salvaguardare e garantire la qualità e la sicurezza. La qualità dei servizi richiede adeguati finanziamenti.
Comunità di accoglienza
Nella Conferenza Stato-Regioni del 21 marzo è stato approvato un documento sui criteri di sicurezza e qualità delle strutture socio sanitarie residenziali per l’assistenza alle persone affette da dipendenze patologiche, un primo passo che però non prevede nulla in merito alle risorse. Occorre evitare che le comunità si trasformino in micro-carceri per ospitare le persone con problematiche di dipendenza inserite nel circuito penale.
Salute mentale
Non è più rinviabile l’attivazione di percorsi di reale co-programmazione e co-progettazione e coinvolgimento degli stakeholder nella stesura dei percorsi legislativi. Occorre poi prestare attenzione alla deriva della sanitarizzazione dei servizi e porsi a livello di sistema il problema della mancanza vocazionale di operatori in questo ambito.
L’apertura della politica
Di fronte a questo quadro gli assessori Bezzini e Spinelli hanno riconosciuto pubblicamente in modo chiaro la necessità di mettere in sicurezza il sistema di welfare della Regione, dichiarandosi fin da subito pronti ad aprire le interlocuzioni necessarie con le realtà promotrici dell’incontro: «La crisi del welfare è un problema per i cittadini, le organizzazioni sociali e le istituzioni. Pronti a un confronto vero per trovare soluzioni reali e – se servisse- anche a una mobilitazione comune».
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A tirare le conclusioni della giornata di confronto è stato Arduini, che evidenziato quattro punti: «Il primo: il fatto che una rete così larga e significativa di realtà sociali faccia fronte comune e convochi la politica per affrontare insieme i nodi veri del welfare del territorio e che i numeri e le analisi siano sostanzialmente condivise è un punto di partenza importante. Secondo: questo convegno porta il confronto in Toscana in una dimensione pubblica che come VITA terremo in grande attenzione perché può davvero trasformarsi in un laboratorio di interesse nazionale. Terzo: l’apertura dell’assessore Bezzini a una “mobilitazione” comune è importante. Un’azione che l’amministrazione toscana può fare è quello di condividere con le altre regioni i passi che si faranno in questo percorso in mood che sia conosciuto anche fuori dai confini regionali. Quarto: l’incontro di oggi, semmai ce ne fosse ancora bisogno, rivela come un’agenda politica che non consideri il welfare e i suoi modelli di governance come prioritari, non può che essere fallimentare».
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