Famiglia

TORTURA. La giornata internazionale a teatro

Venerdì 26 giugno si celebra la Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura

di Redazione

Il 26 giugno viene celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale a sostegno delle vittime di tortura, proclamata nel 1997 dall’Assemblea Generale dell’Onu. Il sistema giuridico internazionale proibisce l’utilizzo della tortura in qualsiasi circostanza. Malgrado la sua stigmatizzazione ufficiale, però, la tortura non é ancora stata sconfitta e continua a essere praticata infliggendo sofferenze fisiche e psichiche.
Secondo il rapporto Amnesty International 2009 sono 120 i paesi nel  mondo che praticano la tortura. Si stima che attualmente l’Europa accolga oltre 400mila rifugiati vittime di tortura, e che ogni anno arrivino nel nostro continente 16mila richiedenti asilo sopravvissuti a esperienze di tortura
L’eliminazione della pratica della tortura nel mondo costituisce quindi ancora oggi una della maggiori sfide della comunità internazionale che deve essere affrontata su diversi piani. A livello giuridico con la creazione di un sistema internazionale di prevenzione e repressione davvero efficace; a livello sociale tramite il sostegno e la riabilitazione delle vittime.
Il Progetto VI.TO. Accoglienza e Cura per le Vittime di Tortura, che il Consiglio Italiano per i Rifugiati gestisce dal 1996 grazie al supporto delle Nazioni Unite, mette in atto azioni che mirano a  riabilitare i sopravvissuti a tortura – attualmente sono circa 610 gli utenti presi in carico nel progetto – e a denunciare tale pratica.
Il prossimo 26 giugno un gruppo di 12 ragazze e ragazzi coinvolti nelle attività del laboratorio di riabilitazione psico-sociale del Progetto VI.TO. porteranno in scena al Teatro India a Roma Voci di Babele (ingresso gratuito), libero adattamento de Il linguaggio della montagna di Harold Pinter.

Questo spettacolo è stato costruito all’interno del laboratorio durato quattro mesi e portato avanti da Nube Sandoval e Bernardo Rey, registi e formatori. La presenza in scena di questi testimoni è un modo per rompere il complotto del silenzio e invisibilità che da sempre circonda la tortura e le sue vittime, e un’occasione per ridare loro voce e legittimità.
Harold Pinter in questo testo descrive un mondo in cui gli esseri umani sono costretti a combattere ogni giorno contro problemi sociali quali l’incomunicabilità, l’ingiustizia, la violenza. Il testo di Pinter fa riferimento alle vicende del popolo curdo, minoranza etnica alla quale è stata a lungo preclusa la possibilità di utilizzare la propria lingua. Protagonista del Linguaggio della montagna è infatti la parola, nella sua funzione contraddittoria di  strumento di violenza e strumento di dissenso. Alla musicalità del multilinguismo del testo si contrappone la cruda violenza dell’intolleranza, l’arbitrario divieto imposto ad un popolo di parlare la propria lingua, sintesi di una condizione creata per negare la diversità, attraverso l’umiliazione e la tortura. Nelle Voci di Babele invece al silenzio viene contrapposto il canto, alla censura un coro di stranieri e alla tortura il teatro. Voci di Babele diventa partitura di azioni e testi in vari idiomi, dove il filo conduttore è rappresentato da ritmi, sonorità e movimenti corporei propri delle diverse lingue e culture. Uomini e donne venuti dai luoghi più lontani ci parlano dei loro amori, della loro infanzia, delle loro guerre, ma al di là di ogni singola storia, quel che prevale in questo Babele, è la certezza che la differenza ci fa diventare unici, anche se nella sinfonia della vita, i temi fondamentali suonano uguali per tutti.


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