Cultura
Tornielli: «Nel solco della tradizione Francesco ha messo al centro la misericordia»
Il vaticanista de La Stampa, intervistato da Vita.it, analizza le conclusioni dell'assemblea sinodale e del discorso conclusivo del Pontefice, «per il Papa parlare solo a fil di dottrina sarebbe da dottori della legge. A prescindere da quello che si dice. Il punto sta nel parlare con accento crisitano alle persone»
Papa Francesco chiude formalmente il sinodo sulla famiglia: «È stato faticoso, ma è stato un vero dono di Dio, che porterà sicuramente molto frutto», ha detto al termine dell'Angelus. Per capire cosa il lavoro dell'assemblea sinodale abbia portato in dote al Pontefice e quali siano le novità abbiamo chiesto ad Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa.
La conclusione del Sinodo è stata salutata tiepidamente, come mai?
Credo che alla fine concordino sia i delusi che speravano in aperture più grandi sia coloro che minimizzano, sottolineando che visto che la parola “comunione” non è inserita nel testo non cambia nulla. In entrambi i casi non colgono che un'apertura c'è ed è però cauta e prudente, che fa un passo avanti rimanendo ancorata alla tradizione.
Il cuore sta nel rapporto tra dottrina e pastorale…
C'è contenuta una proposta implicita di discernimento caso per caso delle situazione più diverse. Proposta che si rifà, 34 anni dopo, alla «Familiaris consortio» di Giovanni Paolo II nel passaggio: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido». Potrebbe essere questa la via. Non si dà una regola generale e non si dà nulla per scontato.
Una grande novità nel campo dei divorziati risposati?
Si sono anche elencati i possibili criteri oggettivi e soggettivi cui fare riferimento per decidere. Tra i criteri oggettivi, per esempio, il divorziato risposato deve essersi riappacificato con il coniuge con cui aveva il legame sacramentale. O ancora deve essersi preso cura dei figli e averli cresciuti cristianamente. Ci sono poi le questioni che riguardano la coscienza, i criteri soggettivi.
In cosa consistono?
Anche qui non ci si discosta dalla tradizione. Si ricorda, non era mai stato fatto, il paragarafo 1735 del Catechismo della Chiesa cattolica che recita: «l'imputabilità e la responsabilità di un'azione possono essere sminuite o annullate a causa di diversi condizionamenti». Che significa che l'imputabilità rispetto ad un peccato cambia a seconda delle circostanze.
Cosa significa concretamente?
Nel caso di una donna con tre figli divorziata che ha trovato un uomo che accudisca lei e la sua prole il peccato sta nella sessualità del rapporto che si configura come adulterio. Per la dottrina per essere fuori dal peccato i due dovrebbero avere un rapporto come tra fratelli, casto. Ma se questo rapporto dura tanti anni, ed è un rapporto felice e retto, è complicato considerare la sessualità della coppia ancora come adulterio. Sono per altro situazioni che danno adito a diversi paradossi…
Ad esempio?
Se un marito, un uomo sposato, cade in tentazione e va a prostitute, non è estromesso dalla comunione come invece lo è la donna dell'esempio. Questo è un paradosso.
Nel messaggio conclusivo Francesco più volte ha sottolineato l'errato uso della dottrina. Perchè?
Nel discorso il Papa invita a non usare così la dottrina. Mi ha impressionato che ha parlato dei veri difensori della dottrina dicendo che «non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono». Questo sottolinea Francesco, «non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule: sono necessarie». Ma invita tutti ad uscire da questa idea che la dottrina si difende solo con la chiusura. Invita ad un atteggiamento che è quello di andare incontro alle persone e valutarle.
In qualche modo così cambia anche il modo di dire dei no quando sarà il caso?
Qualora un vescovo valutasse che non è possibile accogliere una richiesta, quella risposta non verrebbe dai canoni o dalla dottrina ma da un accompagnamento e da un confornto. Il Papa dice che o il cristianesimo è questo, altrimenti non è.
È un punto cruciale dunque anche al di là della questione familiare?
Non è possiible parlare di queste, come di tutte le situazioni umane, sena compassione. Parlarne solo a fil di legge sarebbe da dottori della legge. A prescindere da quello che si dice. Il punto sta nel parlare con accento crisitano alle persone. Ricordarsi che non si hanno difronte programmi che devono rientrare nei parametri del proprio pc. Un discorso nel solco di San Tommaso e della sua differenza tra ratio speculativa e ratio praticata. Siamo nella vera tradizione della Chiesa. Si procede per approfondimenti, anche in campo dottrinale.
Quindi la frattura tanto sbandierata dai media nella Chiesa non c'è?
Ricordiamoci che ci sono stati concili durati per 120 anni, su temi molto più spinosi di questo, e che hanno visto vere e proprie battaglie.
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