Quando ho aperto questo blog, volevo raccontare storie di ritorni e di “restanze”. Quella che segue è la prima testimonianza che non esce dalle frontiere italiane. Viaggia da Sud a Nord, e viceversa, ma parla italiano (con accento campano e calabrese). I protagonisti sono Antonio e Federica: 29 anni, calabrese, un dottorato in ingegneria informatica lui; 26 anni, campana, una laurea in filologia moderna lei. I soldi del loro matrimonio, già programmato da tempo, hanno deciso di usarli per fondare Condomani, un social network gestionale, «il primo al mondo», per la gestione online del condominio.
«Condomani si rivolge ad amministratori, condòmini e fornitori della manutenzione dei condomini. E’ un prodotto da utilizzare unicamente sul web che permette in pochi click di gestire segnalazioni, monitorare lavori, controllare la contabilità, proporre ordini del giorno e molto altro» mi spiega Federica. L’idea l’ha avuta il suo ragazzo, Antonio, e affonda le sue radici in Calabria, «una terra arida e secca, non di talenti, ma di acqua che la irrighi e che la renda fertile». Il progetto è piaciuto, ha vinto diversi premi, ha avuto un buon riscontro di pubblico e l’8 marzo 2013 è diventato una Srls (trasformata poi in Srl nel gennaio 2014). Oggi, a un anno dalla sua fondazione, Condomani è stato scelto da 6.000 edifici: «Tutti i nostri clienti sono contentissimi, come noi, che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: migliorare e semplificare la vita delle persone. Condomani ti aiuta a lavorare in maniera più rapida e questo ti permette di avere più tempo da dedicare alle tue passioni, oltre al lavoro, ed essere più felice alla fine della giornata». Una “felicità” coltivata all’interno dello stesso ambientale condominiale: «Aspiriamo a un’idea di condominio che vada oltre le liti e i dispetti e che sia armoniosa e produttiva, onesta e tranquilla, proiettata verso il futuro. Riteniamo infatti che il condominio sia in sé un piccolo un microcosmo e che, dalla buona gestione di quest’ultimo, si possa facilmente arrivare alla buona gestione della “cosa pubblica”».
Federica mi racconta che hanno quattro sedi. Quella originaria, operativa e legale, è a Rende (Cosenza) presso l’incubatore “TechNest” dell’Università della Calabria; qui lavora un giovane programmatore, l’unico dipendente assunto full time e a tempo indeterminato di Condomani. C’è poi una sede a Roma, nell’incubatore della Luiss Enlabs (a cui sono approdati dopo aver vinto l’edizione 2013 del Premio Marzotto), e due a Bologna, all’Almacube e nell’incubatore della Telecom Working capital.
E’ nel contesto bolognese che Federica e Antonio hanno recentemente ricevuto una proposta di investimento da parte di una società privata. Un’opportunità sostenuta dalla Regione Emilia Romagna, che incentiva gli investimenti nel territorio regionale raddoppiando il capitale messo dagli investitori, e che ha fatto decidere a Federica e Antonio di spostare il baricentro di Condomani da Rende a Bologna. Una scelta che corrisponde all’allargamento della società e del team, dato che l’investimento è vincolato all’assunzione di nuovi collaboratori.
La giovane coppia non sa ancora per quanti anni vivrà a Bologna. Quel che è certo è che la gioia di aver ricevuto fiducia e nuovo carburante per proseguire l’avventura della loro impresa è accompagnata dall’amarezza di non poter essere interamente basati al Sud. «La Campania e la Calabria non ci hanno appoggiati, ecco perché adesso siamo a Bologna. Questa purtroppo è una cosa molto triste. Non avremmo mai voluto andarcene dalla nostra terra. Credo fortemente che la crescita di un luogo parta dalle competenze professionali che i giovani possono offrire: se tutti i giovani se ne vanno, quella terra rimane morta. Noi sappiamo che andandocene abbiamo portato il Sud al suicidio».
Un amore-odio che fa i conti con una realtà fatta di tante barriere e pochi ponti. Federica non si trattiene nell’elencare le difficoltà di fare impresa al Sud: dai bandi fatti «per far vincere sempre le stesse persone» ai «finanziamenti a pioggia che non portano a nessuna vera innovazione» perché spesso le linee guida non sono chiare ed è difficile interloquire con i promotori dei bandi,«tanta burocrazia senza efficienza», una cultura del posto fisso che premia le amicizie invece delle buone idee e delle competenze, la paura di esporsi e metterci la faccia. «Sai perché non ci siamo costituiti in cooperativa? – mi dice, indignata – Perché non abbiamo trovato nessuno che volesse rischiare insieme a noi. C’era chi s’interessava al progetto con la speranza di ottenere un lavoro da dipendente, ma nessuno che volesse investire tempo ed energie per la creazione da zero della startup. Personalmente, vedere persone che a 28 anni sono già morte dentro, non vogliono rischiare e – pur di avere il posto fisso – accettano lavori che non li stimolano, mi rende triste. Se vogliamo davvero uscire dalla crisi dobbiamo rimboccarsi le maniche, a costo di fare sacrifici. Condomani ci tiene occupati 24 ore su 24, ma non lo sentiamo come un peso. Sappiamo che siamo giovani e che dobbiamo dare il massimo adesso».
Federica cita l’esploratore Alex Bellini e definisce lei e Antonio avventurieri solitari: «Non abbiamo paura dell’incertezza, viviamo intensamente perché ci nutriamo del nostro sogno. Ma quando non ce l’hai, un sogno, allora sopravvivi». E’ per questo che non si danno per vinti e sperano, un giorno, di poter tornare e restare a fare impresa al Sud, senza dover essere costretti a trasferirsi altrove.
«Quando torneremo – conclude Federica – sarà per dare una nuova opportunità alla nostra terra, ma lo faremo alle nostre condizioni. Con una richiesta di professionalità, innanzitutto: dobbiamo dare una scossa, i nostri coetanei non possono pensare di ottenere un lavoro grazie all’amico dell’amico. E gestendo i soldi in maniera ponderata e trasparente, senza seguire la logica dei favori. Il cambiamento dovrà partire da noi e dai nostri profili professionali».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.