Tornerà ai Badalamenti il bene affidato a “Casa Memoria Impastato”?
A Cinisi, il Comune siciliano dove si è consumata la storia di Peppino Impastato, sono giorni di fuoco dopo la comunicazione giunta dall'Agenzia nazionale per i Beni Confiscati secondo la quale il casolare confiscato a Leonardo Badalamenti, figlio di Don Tano (il mandante dell'omicidio di Peppino), gli dovrebbe essere restituito perchè nella confisca non è stata riportata la particella. Un bene assegnato a "Casa Memoria Felici Impastato" che, attaverso i 370 mila euro di fondi europei ottenuti attraverso il Gal Castellammare del Golfo, ne ha fatto un luogo simbolo di legalità, visitato da persone provenienti da tutta Italia
Una beffa, una sconfitta per quella parte di società civile, di cittadini impegnati a far si che il concetto di antimafia sia espresso attraverso il corretto utilizzo dei beni confiscati a cosa nostra e restituiti alla collettività.
Indigna non pochi la vicenda della revoca del bene che sorge in Contrada Napoli, a Cinisi, confiscato a Leonardo Badalamenti, figlio di Gaetano, quest’ultimo il mandante dell’omicidio di Peppino Impastato, e affidato a Gennaio del 2021 a Casa Memoria Felicia Impastato. A comunicare l’infausta notizia è stata l’Agenzia nazionale per i beni confiscati che ha dovuto attenersi al fatto che nella confisca viene descritto il bene del casolare ma non è riportata la particella. Il 25 marzo si sarebbe dovuto riconsegnare il bene, ma è stato tutto prorogato al 29 aprile.
Un cavillo? Non proprio.
«Una questione non tanto stupida – afferma il sindaco di Cinisi, Giangiacomo Palazzolo – perché Badalamenti alla fine ha vinto un appello. Il primo cittadino di allora fece un’ordinanza di correzione sottolineando il fatto che nella dicendo che nella confisca viene descritto il bene del casolare ma non è riportata la particella. La corte di assise, correggendo l’errore, emise l’ordinanza con la quale inseriva la particella. Nel frattempo, però, Leonardo Badalamenti fa appello e lo vince, stabilendo non solo l’illegittimità dell’ordinanza di correzione, ma anche la restituzione del bene” , nel tempo ristrutturato con 370 mila euro di fondi europei ottenuti attraverso il Gal Castellammare del Golfo».
Veramente una brutta storia che, ache se determinata da un problema tecnico, avrebbe dovuto trovare una risposta immediata, sicuramente altra, da parte dell’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati.
«Certamente una vergogna – afferma indignato Giovanni Impastato – che ci deve fare chiedere che tipo di credibilità possa avere lo Stato e quale noi quando parliamo alle persone di legalità. Il 25 marzo, all’ipotetica consegna del bene, eravamo io, l’amministratore giudiziario e l’avvocato di Badalamenti. Mi sono opposto perché non ho mai ricevuto alcuna comunicazione e, rappresentando l’ente assegnatario del bene, avrei dovuto essere informato in tempo. Si è, quindi stabilito il 29 aprile come ulteriore data, ma spero proprio che riusciremo a fare chiarezza prima di allora. Quando dico che si tratta di una beffa, mi riferisco anche al fatto che il signor Badalamenti, oltre a essere il figlio di Don Tano, ha egli stesso un curriculum non certo rassicurante. Si è, infatti, rifugiato in Sud America durante la seconda guerra di mafia, latitante dal 2017 con un ordine di arresto per traffico di droga, arrestato poi dalla DIA, una condanna definitiva di 5 anni e 10 mesi per questi reati. La sua arroganza e prepotenza l’ha dimostrata nel cercare di ottenere con la forza il possesso di questo bene, rompendo la serratura e provando a entrare».
«Un’azione da vero mafioso – tuona Umberto Santino, presidente del Centro siciliano di documentazione “Peppino Impastato” che, insieme a "Casa memoria Felicia Impastato" e all’associazione “I Compari di Peppino”, sta facendo opposizione – che non si può sopportare. Ma perché si dovrebbe restituire questo bene che da rudere di campagna abbiamo trasformato in luogo di comunità? C’è anche un orto sociale amato e tutelato dalla collettività e consentire che torni a Badalamenti sarebbe decretare la sconfitta per lo Stato, per la società civile e per l’antimafia».
«Solo pochi giorni fa erano con noi 50 ragazzi venuti da Monza per conoscere la storia di Peppino e Felicia – aggiunge Luisa Impastato, figlia di Giovanni e nipote di Peppino -. A loro e i tanti altri che ci vengono a trovare dovremmo parlare ancora una volta di un sistema fallimentare».
Ci sarebbe forse una soluzione alternativa?
«L’acquisto da parte del Comune – aggiunge in conclusione il primo cittadino – ma a che prezzo? Quando si parla di equo indennizzo si fa riferimento al valore del bene nel momento in cui è stato confiscato, quindi come rudere. Una situazione complessa dove, a prescindere da tutto, non si può negare che lo Stato perderebbe una battaglia andando a pagare un indennizzo per un bene su cui ci sono stati degli investimenti pubblici e che oggi rappresenta un simbolo della lotta alla mafia. Ripeto anch’io, una vera e propria beffa. Abbiamo già deliberato in consiglio comunale e ci avvarremo in ogni caso del diritto di mettere in discussione la sentenza. Una cosa, però, é certa e cioè che il casolare non tornerà nelle mani di Badalamenti».
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