Welfare

Torna “lavorare meno, lavorare tutti”

La ricetta di un think-tank di economisti inglesi per rilanciare l'occupazione: una settimana lavorativa di 20 ore

di Gabriella Meroni

Viene dalla Gran Bretagna la ricetta che, secondo i promotori, spazzerà via la disoccupazione dall’Europa: la settimana cortissima. Ovvero, un orario di lavoro settimanale al massimo di 20 ore, non un minuto di più. L’idea è stata lanciata a Londra da un autorevole think-tank di economisti, la New Economics Foundation (NEF), che ha organizzato un seminario sul tema in collaborazione con il Centre for Analysis of Social Exclusion della London School of Economics.

La tesi degli esperti britannici è che se ciascuno lavorasse meno ore ci sarebbero più posti di lavoro da coprire, i lavoratori passerebbero più tempo in famiglia e si ridurrebbero molte malattie dovute all’eccesso di lavoro. Un’esperta del Nef, Anna Coote, ha sottolineato <<il grave disequilibrio esistente tra chi lavora troppo e guadagna molto e chi lavora poco e viene pagato pochissimo o non lavora affatto>>. Secondo la studiosa occorre ripensare alla definizione di <<successo economico>> e smettere di pensare che il principale obiettivo di un governo sia far lievitare il Pil. <<Viviamo solo per lavorare, lavoriamo per guadagnare, guadagnamo per consumare? Non c’è nessuna prova che riducendo l’orario di lavoro si ridurrebbe anche il successo economico: anzi, io credo avverrebbe il contrario>>.

Per l’economista keynesiano Robert Skidelsky, autore del libro “Quanto è abbastanza?”, la rapida rivoluzione tecnologica avvenuta negli ultimi anni farà sì che anche quando la crisi sarà finita ci saranno comunque meno posti di lavoro rispetto a prima. <<La risposta civile a questo problema si chiama work sharing>>, ha detto lo studioso. <<Il governo dovrebbe prendere a cuore il problema e stabilire un orario massimo di lavoro settimanale>>.

Anni fa molti economisti erano convinti che il miglioramento della tecnologia avrebbe portato a un aumento della produttività e quindi alla scelta di ridurre le ore di lavoro per privilegiare il tempo libero. Invece in molti paesi sviluppati le ore di lavoro sono aumentate, invece di diminuire. Per Skidelsky i politici e gli economisti dovrebbero pensare meno alla crescita del Pil e più all’equità: <<La vera questione del welfare oggi non è il tasso di crescita del Pil>>, ha detto, <<ma la distribuzione del reddito>>.
In Gran Bretagna i lavoratori con figli piccoli hanno già diritto a una certa flessibilità oraria, ma il Nef auspica che forme di flessibilità più strutturali come il job sharing e l’orario ridotto si diffondano sempre più, diventando un diritto e un’opzione praticabile per ogni lavoratore.


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