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Torna il torneo dei ragazzi delle oncologie europee

Sabato 13 maggio, nella casa del settore giovanile dell’Inter, si svolgerà la quarta edizione della Winners cup: ad affrontarsi sei squadre europee e dieci italiane di adolescenti che hanno vissuto la diagnosi e le cure per un tumore, pazienti dai bisogni particolari non solo clinici ma legati al raggiungimento di tappe personali e sociali fondamentali alla loro crescita

di Nicla Panciera

Torna, dopo la pausa dovuta alla pandemia, il torneo di calcio europeo «Winners cup» giocato da squadre di adolescenti con una diagnosi di tumore. Il fischio d'inizio sarà domani, nella casa del settore giovanile dell’Inter a Milano, dove oggi arriveranno 250 ragazzi e ragazze – è obbligatoria una quota rosa di almeno 4 atlete femmine per squadra – afferenti a trenta centri oncologici europei, per un totale di sei squadre europee – Francia, Germania, Spagna, Grecia, Belgio, Olanda – e di dieci italiane.

Un evento unico nel suo genere, che ricorre al linguaggio universale dello sport per abbattere muri e barriere fisiche e psicologiche e che rappresenta il miglior antidoto alla malattia. «La Winners Cup è davvero un evento unico al mondo, una festa meravigliosa per ragazze e ragazzi che stanno passando, o che hanno passato, un periodo così difficile come la diagnosi e le cure per un tumore. I ragazzi vengono da diverse nazioni d’Europa, da molte regioni d’Italia. Giocano a pallone, ma soprattutto corrono e ridono insieme, raccontano le loro storie, si riconoscono tra loro per le cicatrici che portano, sul corpo o nell’anima, o perché hanno davvero una luce diversa negli occhi» spiega Andrea Ferrari, oncologo pediatra dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove è anche responsabile del Progetto giovani. Ferrari è l'ideatore dell’iniziativa, in collaborazione con FC Internazionale Milano e Centro Sportivo Italiano – Comitato di Milano e con il sostegno dell’Associazione Bianca Garavaglia e il patrocinio della Società europea di oncologia pediatrica Siope.


Giocano a pallone, ma soprattutto corrono e ridono insieme, raccontano le loro storie, si riconoscono tra loro per le cicatrici che portano, sul corpo o nell’anima, o perché hanno davvero una luce diversa negli occhi. C’è ancora troppa poca consapevolezza, nella popolazione generale ma anche nella comunità oncologica, del fatto che gli adolescenti malati sono pazienti particolari, con bisogni diversi da quelli dei bambini e degli adulti.

Andrea Ferrari, oncologo dell’Istituto nazionale tumori di Milano e responsabile del Progetto giovani

«Il calcio è solo la scusa per stare assieme» aggiunge Andrea Ferrari, che porta l'attenzione su una dimensione più ampia, quella dei bisogni e delle peculiarità del paziente adolescente: «C’è ancora troppa poca consapevolezza, nella popolazione generale ma anche nella comunità oncologica, del fatto che gli adolescenti malati sono pazienti particolari, con bisogni diversi da quelli dei bambini e degli adulti. La diagnosi di tumore arriva in un periodo della vita di per sé difficile: i ragazzi devono affrontare le cure mentre contemporaneamente sono chiamati a non perdere l'appuntamento con tappe fondamentali del loro sviluppo, personale e relazionale. Le sfide della loro età – i bisogni di autonomia, di relazione e di progettazione del proprio futuro – non possono essere semplicemente sospese. La loro vita deve andare avanti. Da questo deriva la necessità di realizzare una presa in carico globale del paziente – e della sua famiglia – con un'équipe multi-specialistica dedicata, con spazi e progetti specifici (come il Progetto Giovani dell’Istituto dei Tumori di Milano). A questo si aggiungono specifici problemi clinici, legati alla qualità delle cure che i pazienti ricevono e quindi alle loro possibilità di guarigione. Gli adolescenti (e i giovani adulti) sono in quella che spesso viene chiamata “terra di nessuno” tra il mondo dell'oncologia pediatrica e quello dell'oncologia medica dell'adulto: per questo corrono il rischio di arrivare con difficoltà (o in ritardo) ai centri di riferimento, di non essere arruolati nei protocolli clinici, di non ricevere, in sintesi, le cure migliori. Per queste ragioni, a parità di malattia e di stadio, un adolescente ha minori probabilità di guarigione rispetto a un bambino».

Le squadre italiane sono Milano – Monza, vincitrice dell’ultima edizione che aveva attirato l’attenzione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva conferito a uno dei ragazzi (in rappresentanza di tutti i partecipanti) il prestigioso attestato d'onore di “Alfiere della Repubblica”. Le altre squadre sono quella di Bari – Lecce e quella di Catania – Palermo, e poi ancora Genova – Torino, Trento – Padova, Bologna – Rimini – Modena, Pisa – Firenze, Aviano – Udine – Trieste, Napoli – Perugia e, infine, Roma). Appuntamento domani, sabato 13 maggio, tra le 9 e le 18, presso il Konami youth development centre in memory of Giacinto Facchetti, in via Camillo Sbarbaro 5/7, a Milano. Sono stati coinvolti nell'organizzazione anche il Gruppo di Lavoro Adolescenti dell'Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica Aieop e la Federazione italiana associazioni genitori e guariti oncoematologia pediatrica Fiagop

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