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Torino, dispersione scolastica: il progetto “Provaci ancora Sam!” 30 anni dopo

Provaci ancora, Sam! sperimenta nuovi modelli di didattica favorendo l’integrazione tra la realtà scolastica e la realtà extrascolastica. Domani, 6 settembre, a Torino, alla Cavallerizza, si svolgerà il Convegno “GENERAZIONE SAM" a distanza di trent’anni dalla nascita del progetto, per un bilancio dell’esperienza

di Salvatore Tripodi

Alla fine degli anni Ottanta nelle scuole medie dell’obbligo del quartiere Vanchiglia di Torino si registra una percentuale di alunni respinti molto elevata, superiore alla media cittadina, e risulta un numero non ben precisato di alunni che ha abbandonato la scuola senza avere conseguito il diploma di licenza media. A giugno, ad anno scolastico terminato, viene creato un Gruppo di lavoro che si riunisce presso i locali dei Servizi sociali del Comune per dare una risposta a questa emergenza e offrire una nuova possibilità ai tanti ragazzi espulsi dalla scuola senza diploma.

Nasce così, a partire dal 1988, il Corso di recupero terza media. Iniziamo con alcuni ragazzi in carico ai Servizi Sociali di quartiere e successivamente scopriamo altri minori – nelle stesse condizioni – sconosciuti ai Servizi stessi, osservando una stretta connessione tra non conseguimento della licenza nei tempi tradizionali e disagio/devianza.

Nei primi due anni di vita del Corso, il Servizio sociale si avvale di cinque collaboratori esterni, neolaureati e studenti universitari, coordinati dall’educatore di territorio e da un insegnante volontario sensibile alle tematiche del disagio. Nell’anno scolastico 1992/1993 interviene la Circoscrizione di competenza territoriale sostenendo i costi dell’esperienza con un contributo di circa 15 milioni di lire erogati, attraverso l’associazione GIOC e un gruppo di insegnanti volontari collegati al gruppo parrocchiale di S. Giulio d’Orta.

In seguito il sostegno economico dell’iniziativa è a carico della Fondazione San Paolo di Torino, che permette di allargare l’intervento anche nei quartieri Aurora-Valdocco e San Salvario, e di coinvolgere nella primavera del 1993 altre realtà della periferia di Torino (Madonna di Campagna e Vallette).

La realizzazione del progetto ora è affidata, attraverso apposito contributo (o grazie al lavoro volontario), ad associazioni presenti e operanti nel territorio dove vivono i ragazzi. L’Assessorato al Lavoro mette a disposizione le risorse del Centro di Formazione Professionale Caduti per la Libertà, un’integrazione alla preparazione all’esame di licenza, per orientare i ragazzi a comprendere alcuni aspetti della formazione professionale. Orientamento, dunque, più che formazione. Il Corso inizia tra novembre e dicembre presso i locali messi a disposizione dalla Circoscrizione in Via Mongrando. L’orario si articola intorno alle tre ore giornaliere dal lunedì al venerdì, dalle ore nove alle ore dodici. I “docenti” sono costituiti da giovani volontari, alcuni di loro sono studenti universitari.

Si punta con decisione ad approfondire i contenuti delle materie che costituiscono la prova scritta in sede di esame (italiano, matematica, lingua straniera). La didattica privilegia un approccio centrato sull’esperienza e sui contenuti tematici più vicini ai mondi vitali dei ragazzi, e fa ricorso alle opportunità che la città offre: visite a musei, mostre, collegamenti con rassegne cinematografiche e teatrali già offerte all’utenza scolastica. Un paio di pomeriggi (di circa tre ore ciascuno) i ragazzi frequentano un corso di orientamento presso i Centri di Formazione Professionale nei laboratori di lattoneria, idraulica, elettromeccanica, informatica, saldatura. Vengono anche utilizzati due laboratori territoriali (uno di area umanistica, uno di area scientifica) e il Laboratorio didattico sull’ambiente di Pracatinat (struttura residenziale montana in provincia di Torino) messi a disposizione dall’Assessorato all’Istruzione del capoluogo.

Le linee del progetto sono semplici e chiare: si lavora su piccoli gruppi; si coinvolgono le famiglie con una sorta di «contratto» di condivisione; l’adesione dei ragazzi è volontaria, al fine di creare uno spartiacque netto rispetto all’esperienza scolastica fallimentare vissuta. Si stabilisce un collegamento costante con le scuole di provenienza dei ragazzi dove andranno a sostenere l’esame in qualità di privatisti a conclusione del percorso.

Nell’anno scolastico 199394 il progetto si allarga ancora di più: aderiscono via via le circoscrizioni e i Servizi Sociali dei quartieri di San Salvario, di Madonna di Campagna, Borgo Vittoria, Aurora, Vallette, Lucento, Borgo S. Paolo e, naturalmente, Vanchiglia. Inoltre, entra a far parte del progetto l’Ufficio Pio della Compagnia S. Paolo di Torino.

Durante l’ennesimo importante seminario sulle “Esperienze extrascolastiche nell’area metropolitana torinese per il recupero della dispersione scolastica” organizzato dalla Cgil Scuola torinese, emerge una proposta: il progetto deve ritornare alla Scuola, che non riesce ad impedire la produzione di dispersi e alla quale spetta riparare al danno: deve riprendersi i dispersi! Per questo, dopo il seminario diviene possibile un incontro con il nuovo Provveditore, cui si chiede – pur mantenendo la struttura del progetto – degli insegnanti “veri” cioè i tecnici che abbiano le competenze specifiche per preparare i ragazzi in modo più efficace, per far sì che la licenza media abbia un altro valore. La risposta è positiva. È possibile avere i quattro docenti richiesti (uno per l’area letteraria, uno per l’area logicomatematica, uno per l’area tecnica e l’altro per l’area corporeoespressiva ), ma è necessario trovare una scuola che presenti il progetto e ne divenga titolare. Ma i tempi sono stretti.

Viene indetta una riunione presso la Circoscrizione 7, alla quale sono invitati i presidi dei territori interessati dal progetto, ma non si riesce a individuare una scuola che lo possa gestire. Infine, quando mancano solo tre giorni alla scadenza della richiesta da inviare al Ministero, la Scuola media statale “Turoldo” di Torino (quartiere Vallette) decide di aderire al progetto.

Uno dei principali obiettivi può dirsi raggiunto e, dopo anni di tentativi, viene accolta dal Ministero la richiesta di sperimentare il nostro intervento all’interno di una scuola. L’istituzione si riprende i ragazzi dispersi che ha contribuito a creare, e con l’anno scolastico 199697 i ragazzi non devono più sostenere l’esame da privatista. Il nostro intervento di supplenza del ruolo dell’istituzione scolastica sembra finito.

Alla Scuola si chiede di rielaborare il progetto e di produrre una nuova didattica, ma ben presto, tuttavia, si capisce che non basta avere insegnanti di ruolo, non è sufficiente avere riportato il progetto dentro la Scuola. Molti problemi restano: la Scuola porta con sé, oltre che competenze e disponibilità, anche le sue rigidità, e l’interazione docentivolontari si rivela difficile. Si giunge al paradosso che a fine anno i docenti propongano alcune bocciature. Per chi aveva dato vita al progetto ciò è scioccante perché prima di allora si era riusciti a ottenere sempre che i ragazzi fossero promossi “da privatisti”!

Si cerca di ricorrere ai ripari chiedendo al Provveditore agli studi per l’anno scolastico 1997/98 degli insegnanti volontari e non più scelti per graduatoria. Le caratteristiche del progetto restano immutate: la scuola è titolare del progetto, ma le lezioni si svolgono “fuori” dall’edificio scolastico, nei locali messi a disposizione dalle Circoscrizioni; i ragazzi scelgono volontariamente di iscriversi alla scuoletta; l’orario settimanale di lezione resta identico (3 ore al giorno dalle 9 alle 12, dal lunedì al venerdì). L’insegnamento si svolge congiuntamente tra gli insegnanti e i volontari delle associazioni. Non si sperimentano nuove metodologie didattiche, e non mancano atteggiamenti rigidi nei confronti dei ragazzi più difficili e persino errori nella relazione.

Per tutti questi motivi, l’anno scolastico inizia con molte difficoltà. Alcuni responsabili dei Servizi sociali dicono espressamente di non essere più disponibili a lavorare con la Scuola nel progetto e si giunge a proporre persino di tornare al “vecchio” modello originario: preparare i ragazzi da privatisti o persino di chiudere definitivamente l’esperienza. Prevale il buonsenso e l’ottimismo della volontà: nonostante il disagio, c’è la consapevolezza che la scelta di puntare sui docenti e sulla scuola è stata quella giusta.

A distanza di tanti anni, sono profondamente convinto che sia stato giusto avere scelto quel percorso. Il volontariato non poteva fare da supplenza alla Scuola all’infinito. Il Gruppo di lavoro, nel mese di marzo 1998, presenta un documento per rilanciare il progetto in cui si propone di diversificare le opportunità partendo dai ragazzi: continuare la sperimentazione con la scuola per il terzo anno consecutivo, ma anche – novità assoluta – seguire i ragazzi minori sedici-diciassettenni all’interno dei Corsi delle 150 ore che stanno per divenire Centri Territoriali Permanenti.

Per l’anno scolastico 19981999 la Scuola Media “Turoldo” può ancora sperimentare il suo progetto con le Associazioni di territorio e con i Servizi sociali di Vallette e di Borgo S. Paolo. Gli altri, in primo luogo Vanchiglia (ma anche Aurora e Madonna di Campagna), decidono di sperimentare nei Centri Territoriali il nuovo tipo di intervento. Una fase storica si chiude e se ne apre un’altra, che continua tuttora attraverso nuove forme e nuove metodologie. Il Progetto si è consolidato negli anni e il 6 Settembre 2022 a Torino, alla Cavallerizza, si svolgerà il Convegno “GENERAZIONE SAM” a distanza di trent’anni dalla nascita del progetto, per un bilancio dell’esperienza”, che sono certo non sarà autoreferenziale ma cercherà di individuare percorsi sempre più idonei a ridurre la dispersione scolastica nella nostra città.

Il Provaci ancora Sam! è stato un progetto pilota nato sul campo, non si è limitato alla pura denuncia, ma è divenuto una realtà concreta, conosciuta a Torino e in altre parti d’Italia. La nostra città, Torino, ha fatto proprio il nostro progetto e la Scuola lo ha accettato. Il Provaci ancora Sam! ha varcato più volte i confini cittadini ed è stato preso a modello in altre realtà del Paese.

Oggi la dispersione scolastica resta un problema non risolto, nonostante negli ultimi decenni vi siano stati evidenti progressi. Le strategie, le politiche nazionali e territoriali e le misure adottate non hanno però eliminato i dati sconcertanti relativi agli abbandoni precoci e alle ripetenze che collocano l’Italia tra i primi posti in questa graduatoria negativa dopo Romania (15%), Spagna (16%) e Malta (17%). Ciò vuol dire, al netto dei risultati positivi ottenuti, che non sono stati sufficienti a ridurre al minimo il fenomeno.

Negli anni scolastici tra il 2018 e 2020 tantissimi studenti hanno abbandonato la scuola sia nella secondaria di primo grado sia nella secondaria di secondo grado, senza dimenticare i tanti ragazzi tra i 15 e i 28 anni che non studiano e non lavorano e sono diventati dei fantasmi, numero ingrossato del 1,3% in seguito alla pandemia.

Quando un ragazzo abbandona la scuola si tratta di un fallimento educativo. Quel 13,1% (dati 2020) di giovani tra i 18 e 24 anni che in Italia abbandona gli studi (12,7% nel 2021) mostra che c’è ancora molto da fare. Il Piemonte è appena sotto la media nazionale così come la città metropolitana di Torino. Gli ultimi dati a disposizione registrano un tasso di abbandono dello 0,7% nella Secondaria di I° (= a quello nazionale) e del 4% nella secondaria di II° (è 3,8% il dato nazionale). La percentuale di abbandoni in Piemonte varia: nell’area metropolitana di Torino è del 9% (Secondaria di I°) e 12 % (Secondaria di II°). Per quanto riguarda i ragazzi con cittadinanza non italiana le percentuali raddoppiano e sono dell’11% (Secondaria di I°) e del 36%(Secondaria di II°). I numeri sono importanti, ma non dicono sempre tutto, perché dietro quei numeretti percentuali si nascondono i ragazzi in carne ed ossa.

Gli ultimi dati Istat (pubblicati nel 2022) e le prove INVALSI evidenziano un grave fenomeno di “povertà culturale” che dovrebbe allarmare tutti coloro che hanno a cuore il futuro dei nostri giovani. Risultano una scarsa conoscenza della Lingua italiana, un’incapacità di sapere comprendere un testo appena complesso e un significativo deficit in Matematica. Si evince che nel 2021 il 9,5% degli studenti ha concluso la scuola superiore senza competenze adeguate (2,5% in più rispetto all’anno pre-pandemia). È necessario evidenziare che non vi è solo una povertà educativa esplicita e quantificabile, ma anche una implicita (nascosta), che denuncia una scarsa qualità dell’offerta formativa e i tanti suoi limiti.

Forse va ripensata l’istruzione nel suo complesso, vanno rivisti i programmi, vanno rafforzate le competenze trasversali, va riorganizzato l’orientamento, eliminate le rigidità, aumentati gli investimenti nel personale, assumendosi la responsabilità politica una volta per tutte di selezionare in modo serio i docenti. Capisco che è il libro dei sogni, un’idea visionaria la mia, ma non bisogna mai disperare! Ne va del futuro del nostro Paese.

*Salvatore Tripodi, già docente di Materie Letterarie, è stato tra gli ideatori del progetto, che ha coordinato dal 1988 al 1999. È autore di numerosi libri, tra cui “Manuale di lingua italiana per cittadini stranieri”, “La paga del Prof.Ritratti, storie e memorie della scuola torinese”, “Dalla memoria alla storia. Esperienze di viaggio nel passato”,” Dieci anni di dispersione scolastica nella scuola dell’obbligo a Torino

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