Rigenerare la terra
Tony Rinaudo, costruttore di foreste: «La mia storia è un messaggio di speranza»
Esce in Italia "La foresta invisibile", autobiografia dell'agronomo e missionario Tony Rinaudo. Grazie a lui, progetti di riforestazione si sono diffusi in tutto il mondo, da Timor Est all'Amazzonia. In Niger sono cresciuti 240 milioni di alberi: è la più grande trasformazione ambientale positiva del Sahel degli ultimi decenni
«La sera il pollo andò a dormire affamato. La mattina seguente fu sorpreso, e seccato, di scoprire che era appollaiato su un granaio», così recita un detto hausa, popolo dell’Africa occidentale. Qualcosa di simile succede a Tony Rinaudo quando un giorno, a maggio 1983, dopo frustrazione e fallimenti dei progetti di riforestazione in Niger, capisce di avere i piedi appoggiati su una foresta sotterranea, nascosta. Da quell’intuizione ha inizio la più grande trasformazione ambientale positiva del Sahel degli ultimi decenni e nascono in tutto il mondo decine di progetti di contrasto alla desertificazione, da Timor Est all’Amazzonia. L’autobiografia dell’agronomo australiano di origini siciliane Tony Rinaudo, La foresta invisibile, esce ora anche in italiano per Ronzani editore, nella nuova collana “Cambiamenti”, dedicata ai temi dell’ecologia, della sostenibilità ambientale e della crisi climatica.
L’intuizione
Nato in Australia da una famiglia di emigranti siciliani, sin da bambino Rinaudo desidera fare qualcosa per migliorare l’ambiente e la vita delle persone, spinto da una fede incrollabile. Si trasferisce in Niger con la moglie Liz all’inizio degli anni Ottanta e, come missionario e agronomo, lavora in progetti che prevedono di piantare alberi per contrastare l’avanzare del Sahara. Ma, il più delle volte, falliscono. Le piantine muoiono, nonostante tutte le cure. «Un giorno, osservando il paesaggio arido, fui preso dall’angoscia pensando a quanto fosse inutile e senza speranza il lavoro che stavo facendo. Da qualsiasi parte guardavo, vedevo pianure spoglie e battute dal vento; anche se avessi avuto centinaia di collaboratori, un budget multimilionario e svariati anni a disposizione, con i metodi che stavo utilizzando sarebbe stato impossibile raggiungere un risultato significativo o duraturo», si legge nell’autobiografia.
È proprio in quel momento che un cespuglio attira l’attenzione di Rinaudo. Si accorge che non è un semplice arbusto o un’erbaccia: sono i polloni che spuntano dalla ceppaia di un antico albero, le cui radici sono ancora vive: è una specie autoctona che gli hausa chiamano kalgo. Improvvisamente, l’uomo si rende conto che tutto intorno ci sono alberi dormienti, pronti per ricolonizzare la terra. La soluzione è sotto i suoi piedi! Nasce la Farmer managed natural regeneration – Fmnr, la Rigenerazione naturale gestita dagli agricoltori, una tecnica antica e poco costosa, che richiede prima di tutto il coinvolgimento delle comunità locali. Ciò che serve, infatti, è già presente nel terreno.
Il successo della rigenerazione naturale
Le ceppaie sono ciò che resta dopo il taglio di milioni di alberi nel Sahel, operato per lasciare spazio all’agricoltura industriale delle monocolture introdotte dai colonizzatori europei. Le tecniche di coltivazione tradizionali sono state abbandonate in nome di un modo di produrre che non ha fatto altro che impoverire le persone e i suoli. Ma, con la Fmnr, Rinaudo capisce che il processo si può invertire: gli agricoltori possono far sì che gli alberi rinascano e crescano rapidamente dalle ceppaie, con un tasso di successo quasi del 100%, migliorando anche la fertilità del suolo e la biodiversità. Invece di piantare nuovi alberi, è più facile permettere a quelli esistenti di crescere.
Alberi e speranza
«Come il proverbiale pollo affamato, nonostante le apparenze, gli abitanti del Niger erano seduti su un vero e proprio granaio: se gli agricoltori avessero iniziato a lavorare in armonia con la natura invece di distruggerla, la terra sarebbe stata in grado di sfamare l’intera popolazione e anche più», racconta Rinaudo. Per lui, il valore degli alberi non è solo nella capacità di ripristinare i suoli deteriorati, ma soprattutto nel riportare la speranza. Sottolinea come sia stata proprio la carestia del 1984 a far comprendere alle persone l’importanza degli alberi. Da allora, la riforestazione si è diffusa grazie al passaparola e gli agricoltori sono diventati protagonisti del cambiamento. «Possiamo cambiare i paesaggi fisici solo cambiando i paesaggi mentali, smontando le convinzioni», afferma. Il salto quindi non è tecnologico, né politico, né legato a un finanziamento: alla base dello sviluppo rurale ci sono persone e relazioni. Denaro, tecnologia e competenze sono utili, ma non fondamentali.
Da quando è iniziato il lavoro di riforestazione, in Niger sono cresciuti 240 milioni di alberi. Per sei milioni di ettari di terreni agricoli inariditi la densità degli alberi è passata da una media di quattro alberi per ettaro nel 1980 al 40 alberi per ettaro oggi.
La vita è imprevedibile ovunque si viva; per noi è più importante stare dove siamo destinati a essere che vivere dove potrebbe sembrare più sicuro.
Tony Rinaudo, agronomo e missionario
Il sogno
Nel 2018 l’agronomo riceve il Right Livelihood Award, premio noto come il Nobel alternativo, per onorare e sostenere coloro che offrono risposte pratiche alle sfide della sostenibilità, della giustizia sociale e della pace. Dopo l’esperienza in Niger, Rinaudo si impegna a diffondere la tecnica di riforestazione dalle ceppaie in moltissimi altri Paesi, lavorando per la ong World vision. Il regista tedesco premio Oscar Volker Schlöndorff nel 2021 realizza il film documentario The Forest Maker, Il costruttore di foreste, che narra la storia di Rinaudo e dei risultati ottenuti in Africa. «Vedere gli agricoltori, le donne e i bambini grati e felici è coinvolgente. La loro devozione, fede e passione sono tangibili. Le vite di queste persone sono state completamente trasformate», è il commento del regista.
Il sogno di Rinaudo è riforestare un miliardo di ettari sul pianeta: è la proposta più ambiziosa, ma anche la più economica, per fermare l’aumento delle temperature. «Questo libro ha la potenza di una folgorazione», dice Giustino Mezzalira, esperto di agroforestazione e autore della prefazione all’edizione italiana de La foresta invisibile. «Il suo messaggio è universale: il Niger è la metafora della forza del cambiamento, quando nasce dal basso, dalla semplicità e dalle comunità locali. È un libro anche dai grandi risvolti spirituali, nel quale una persona semplice racconta la sua personale ricerca del paradiso perduto. Rinaudo ha la forza dell’eroe classico, che ha una visione, quella di nuovi alberi, e crede nella Provvidenza».
In apertura, foto di Silas Koch per World Vision
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