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Tonello: «Anche se vince Biden l’America resta spezzata»

L’affluenza è stata straordinaria. In alcuni stati, il solo voto via posta ha superato la totalità dei voti delle elezioni presidenziali del 2016. I sondaggi davano Biden come favorito. Invece? «I democratici quanto i repubblicani si sono mobilitati per spingere i cittadini al voto», spiega Fabrizio Tonello, docente di Scienza politica a Padova. «Anche se vincesse Biden, come credo, la sua sarebbe una presidenza faticosa e dimezzata»

di Anna Spena

Sono stati 45 i presidenti degli Stati Uniti d’America. Nessuna donna. Ma nel 2016, alle scorse elezioni presidenziali, sia per i sondaggi, che per l’opinione pubblica, a ricoprire il ruolo di presidente avrebbe dovuto essere Hillary Clinton. Non tanto perché donna, sia chiaro. Ma perché nessuno avrebbe mai creduto possibile l’elezione di Donald Trump. E invece le cose sono andate in un altro modo. Dopo quattro anni la scena sembra ripetersi. Per i sondaggi e l’oponine pubblica il candidato democratico Joe Biden doveva essere di gran lunga il favorito rispetto a Donald Trump. Eppure ci troviamo davanti, per ora, a un vantaggio ancora non decisivo. L’esito delle elezioni rimane incerto. Ricordiamo che le elezioni negli Usa non le vince il candidato che ottiene più preferenze in termini assoluti. È il collegio elettorale statunitense formato da un gruppo di grandi elettori che rappresentano ciascuno dei 50 stati Usa che votano per il presidente. Ad ogni Stato viene assegnato un numero di grandi elettori in base alla popolazione. I grandi elettori sono 538. Per vincere un candidato presidenziale ha bisogno dell'appoggio di almeno 270 grandi elettori. «Alla fine», spiega Fabrizio Tonello, docente di Scienza politica a Padova, «credo che vincerà Joe Biden. Non sarà una vittoria schiacciante. Il Senato resterà comunque nelle mani dei repubblicani. La sua sarà una presidenza faticosa e dimezzata».

Professore per queste elezioni l’affluenza al voto è stata molto alta rispetto alla media americana. Le cifre attuali, e ancora non definitive, dicono il 67% degli elettori ha votato via posta o si è recato alle urne. Come mai secondo lei?
L’affluenza è stata straordinaria. In alcuni stati solo voto via posta ha superato la totalità dei voti delle elezioni presidenziali del 2016. Il 67% è una percentuale altissima, di molto superiore alle scorse elezioni, e che ha battuto il record dell’affluenza dell’ultimo secolo quando gli americani sono stati chiamati a scegliere, nel 1960, tra Richard Nixon e John Kennedy. Questa tornata elettorale rappresenta un referendum anche su Donald Trump in un’America estremamente divisa. C’è anche da aggiungere che entrambi gli schieramenti, i democratici come i repubblicani, hanno fatto di tutto per portare i loro sostenitori al voto. In molti credevano che questo si sarebbe trasformato in un’ondata di voti democratici, ondata che però non c’è stata. Io sono sempre stato convinto che anche i repubblicani si sarebbero mobilitati per Trump che ha ottenuto alcune cose importanti per gli elettori evangelici che lo sostengono, tra cui trasformare la Corte Suprema in senso conservatore nominando ben tre giudici…

Anche questa volta ci siamo fatti trovare impreparati. In molti credevano in un vantaggio schiacciante di Biden…
In effetti i sondaggi lo davano in netto vantaggio. Ma dall’Europa non si capisce che i sondaggi misurano il consenso su scala nazionale, che nel 2016 era effettivamente maggiore per Hillary Clinton, che ottenne tre milioni di voti in più rispetto a Trump. Ma non sono i cittadini americani che eleggono il presidente, bensì i delegati dei vari Stati, in base al sistema “winner-take-all”, chi vince prende tutto. É già successo 5 volte nella storia americana che è diventato presidente chi ha ottenuto meno voti popolari rispetto all’avversario. Ma io sono convinto che Biden non solo otterrà più preferenze su scala nazionale ma anche nei tre Stati chiave delle elezioni: Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, parliamo comunque di un vantaggio contenuto. Inoltre Biden ha già conquistato l’Arizona, che nel 2016 era andata a Trump.

Quanti giorni dobbiamo attendere, secondo lei, prima di avere il nome del prossimo presidente?
Difficile dirlo con certezza. Ci sono alcuni Stati come la Pennsylvania e Wisconsin appunto, dove i voti arriveranno oggi o domani, forse dopodomani. Tutto si gioca fino all’ultima scheda.

Quanto ha influito la pandemia? Sembra che la campagna elettorale sia stata polarizzata su due fronti: quello economico per Trump e quello sanitario per Biden.
Effettivamente la divisione è stata questa. Ma Trump è riuscito comunque a far passare tra i suoi elettori il messaggio che la gestione della pandemia non è stata una sua colpa. Ha continuato a ripetere che “il virus è cinese” e ha utilizzo il suo stesso contagio per fare comunicazione: “ho preso il virus ma ne sono uscito”. Quindi molti degli elettori repubblicani anche se sono andati ai suoi comizi senza mascherina e si sono contagiati non hanno cambiato la loro preferenza.

Trump, contrario al voto per posta, ha già dichiarato: ”Questa è una frode per gli americani e un imbarazzo per il Paese. Andremo alla Corte Suprema”
Non è detto che le minacce di Trump vadano a segno. Non esiste un modo legale per impedire agli Stati di finire di contare i voti. Può essere comunque che una battaglia legale si scateni. Resta il fatto che Joe Biden ha più possibilità di vincere in questo puzzle elettorale rispetto a quelle che ha Trump.

Ma se vincesse Trump?
Trump è umorale e imprevedibile. Dovremmo fare i conti con altri 4 anni di incertezza. Può darsi che decida di sciogliere la Nato, fare la guerra alla Corea del Nord. Chi può dirlo? E non avere un programma di politica estera coerente non è un problema solo per gli americani, ma per tutto il mondo. Inoltre tutti i candidati nazionalisti, razzisti, da Salvini e Meloni a Bolsonaro passando per Boris Johnson, si sentiranno rafforzati, e il trend del populismo e dell’estrema destra si rafforzerebbe. Trump è il sintomo di una situazione in cui l’America è divisa a metà e si sente minacciata nel sogno di un Paese etnicamente omogeneo.

E se vince Biden?
Avrebbe comunque avuto bisogno di una vittoria netta per governare. Il Senato rimane ai repubblicani e la presidenza di Biden sarebbe faticosa e dimezzata. L’America ha un problema a monte: la contrapposizione feroce tra due campi, repubblicani e democratici. E all’orizzonte non si vedono possibilità che la contrapposizione, non dico si ricomponga, ma almeno si attenui.

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