Cultura

Tom Benetollo, dieci anni senza di lui

Moriva il 20 giugno del 2004. Presidente dell’Arci, grande amico di Vita, è una figura a cui guardare ancor oggi come un battistrada. Per la passione e l’apertura di orizzonti che ha sempre dimostrato

di Giuseppe Frangi

Non capita a tanti di essere grandi presenze anche a dieci anni dalla morte. Tom Benetollo è uno di questi “pochi”: ci ha lasciato il 20 giugno di dieci anni fa, improvvisamente, a solo 53 anni.

Ogni volta che capitava di incontrarlo era come una festa, per l’apertura di sguardo e di cuore con cui si poneva in ogni circostanza. Era un leader naturale, ma aveva un approccio assolutamente semplice alle cose.

Era un uomo grande e alto, ma con lui nessuno si sentiva mai guardato dall’alto. Con lui si ragionava sempre a 360 gradi, senza preclusioni, senza mai l’ombra di una riserva a priori. La cosa più ovvia che si può dire di lui è che Benetollo ci manca. Chiaro che ci piacerebbe averlo al fianco in questo momento così pieno di attese e di speranze per la società civile italiana. Chiaro che vorremmo averlo come battistrada per spingerci tutti a osare, a giocarci di più con la realtà, a uscire dai recinti. Ma Benetollo è una di quelle rare persone che restano anche quando se ne vanno. Basta a volte riprendere delle sue parole (parole che coincidono con i suoi sguardi), per capire come Tom sia sempre un riferimento capace di accendere giuste passioni e di spegnere insani protagonismi.

Sentite quella sua celebre metafora del lampadiere: «In questa notte oscura, qualcuno di noi, nel suo piccolo è come quei "lampadieri" che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all'indietro, appoggiata alla spalla, con il lume in cima. Così il "lampadiere" vede poco davanti a sé ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri. Qualcuno ci prova. Non per eroismo, non per narcisismo ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si è».

Storicamente Benetollo è stato il leader di una stagione bellissima di rinnovamento e di inedito protagonismo del terzo settore italiano. Umanamente è stato qualcosa di più: un vero viaggiatore e tessitore della partecipazione e della democrazia sociale. Un vero costruttore di ponti, che non si arrendeva mai. Quando le cose sembravano non funzionare e magari gli incontri sembravano chiudersi con dei nulla di fatto, lui non si alzava mai dalla sedia senza ripetere «riproviamoci», «ripartiamo». Perché sapeva che il vero nemico sono i retropensieri e i sospetti che nascono dopo ogni fallimento.

Benetollo era un grande, vero amico di Vita. Lo riteneva un compagno di strada insostituibile. Ma rileggendo le interviste e gli appunti degli incontri fatti con lui, colpisce soprattutto un invito: «Quello che conta è il servizio. Più si è umili e più si costruisce». E poi ancora: «Restate sempre un giornale plurale, non mortificate mai la voce di nessuno».

L’esempio delle bocciofile, quasi una parabola per Benetollo, resta insuperabile: «Il cuore pulsante del processo di rinnovamento della politica deve stare nel sociale. I soggetti centrali devono essere sociali. Quando sottolineate che da bocciofila abbiamo fatto diventare l’Arci motore del movimento per la pace e contro il liberismo, è come se sottovalutaste il ruolo importante delle bocciofile come luoghi di socialità».

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