Cultura

Timor Est : oltre 128mila rifugiati a rischio fame

128mila profughi di Timor Est, che si trovano nei campi allestiti nella provincia di Nusa Tenggara, a Timor Ovest, sono vittime di una grave crisi alimentare ne dà notizia Fides.

di Redazione

A Timor Ovest le scorte di cibo sono quasi esaurite, per le recenti alluvioni che hanno investito l’area, danneggiando i raccolti; e il governo indonesiano ha deciso di tagliare gli aiuti. Almeno 20mila rifugiati nella capitale della provincia Kupang hanno cibo a sufficienza per il prossimo periodo, ma altri 100mila a Belu, vicino al confine con Timor Est, non hanno nulla da mangiare e lottano per la sopravvivenza. La situazione è aggravata dalle precarie condizioni igienico-sanitarie: con l’avvento delle alluvioni, un’epidemia di diarrea, malattie dell’apparato respiratorio e della pelle hanno colpito numerosi sfollati, causando la morte di almeno 15 persone, per la maggior parte bambini. I rifugiati sono costretti a nutrirsi di tuberi al mattino e mangiare una piccola razione di riso la sera, mentre altri si cibano di zuppa di avena e non hanno carne o pesce. Antonio Da Costa, 47 anni, originario di Los Palos, ha detto a Fides che la sua famiglia di cinque membri, residente a Belu, riesce ad avere un pasto frugale solo due volte al giorno, a causa della scarsità di cibo. Curavano un appezzamento di terra vicino al loro campo, ma le alluvioni hanno inondato il riso e il raccolto di mais. Yuliana Soares, 83 anni, rifugiata a Belu, non è sicura che la sua famiglia avrà cibo a sufficienza nei prossimi giorni, perché le razioni dispensate si fanno sempre più piccole. “Questa settimana abbiamo mangiato solo zuppa di avena, invece di riso, per due volte al giorno, giusto per sopravvivere. Non possiamo neppure elemosinare dai nostri vicini, poiché anche loro soffrono la carenza di cibo”, dice a Fides la donna. Le riserve di cibo accantonate a Belu in passato basteranno probabilmente solo per un mese. La crisi alimentare dipende essenzialmente dalla decisione di Jakarta, in vigore dal 1° gennaio 2002, di porre fine agli aiuti umanitari per i rifugiati, a causa dei problemi finanziari e della prolungata crisi economica in cui versa il paese. Una fonte di Fides al Ministero degli Affari Politici e della Sicurezza afferma che la decisione intende incoraggiare i rifugiati a rimpatriare a Timor Est che, secondo gli osservatori, è divenuta un luogo sicuro, dopo l’imperversare dei paramilitari nel biennio scorso. Johanis B. Kosapilawan, portavoce dell’amministrazione provinciale di Nusa Tenggara, ha dichiarato che il governo non tornerà sui suoi passi: l’aiuto umanitario sarà fornito solo in condizioni di emergenza e in misura molto minore rispetto al passato. Kosapilawan ha anche chiesto all’Alto Comissariato Onu per i Rifugiati di occuparsi delle loro condizioni di vita nei campi di Timor Ovest. Ma oltre 100mila rifugiati, in un censimento organizzato a giugno 2001, hanno già deciso di diventare cittadini indonesiani (cfr. Fides 15/6/2001). Secondo gli osservatori, essi sono riluttanti a tornare a casa perché pensano che la situazione politica a Timor Est sia ancora troppo incerta. Timor Est, che ha guadagnato l’autonomia da Jakarta con il referendum del settembre 1999, attende la dichiarazione ufficiale di indipendenza (prevista il 20 maggio 2002) e le elezioni presidenziali. Dopo gli scontri fra le milizia pro-Jakarta e gli indipendentisti e l’esodo di 300mila profughi all’Ovest, nel 2000 si è insediata a Dili un’amministrazione transitoria dell’Onu, che schiera sull’isola una forza di pace di 8.000 uomini. In due anni, l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati ha rimpatriato a Timor Est 170mila sfollati.


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