Famiglia

Tigri, elicotteri & co

di Benedetta Verrini

Mamme tigri, canguro, api regine, chiocce, grizzly: non credo di essere l’unica a desiderare di essere una mamma e basta, ma viviamo un’epoca in cui la psicologia fornisce un adattamento zoologico a ogni condizione.

L’ultima etichetta mediatica, con conseguente dibattito, riguarda le mamme-elicottero (forse il regno animale aveva esaurito la sua forza evocativa). Ne ha parlato, in un’interessante intervista di Massimo Gaggi pubblicata su La Lettura del 12 agosto, la psicologa Madeline Levine.

Autrice del libro “Teach your children well” (Educate i vostri figli nel modo giusto), la Levine punta il dito contro le madri consumate dall’ansia e dall’ambizione di vedere i loro figli eccellere negli studi e nella carriera. Obiettivo pianificato, già a partire dall’asilo, attraverso l’ingresso nelle più prestigiose università americane.

Il risultato? Quasi il 30% degli studenti d’oltreoceano ha una qualche dipendenza da farmaci, antidepressivi o stimolanti. L’autrice avverte che il trend è ulteriormente peggiorato dal 2008, quando la crisi economica ha reso più fragile e precario il mercato del lavoro, accentuando la competizione sui banchi di scuola (ma soprattutto a casa, evidentemente). Come uscirne? Usando il buonsenso, dice la Levine: la realizzazione di un ragazzo non arriva grazie all’immatricolazione a Yale, ma da una crescita emotiva compiuta, in cui l’autostima si è forgiata, sì, anche attraverso “fallimenti di successo”.

Di qui all’italico adagio “Meglio un asino vivo…” non siamo molto lontani, ma la psicologa chiarisce: “Non dico che non devono essere spinti a lavorare sodo. Inculcare l’etica del lavoro, pretendere un certo livello di disciplina è essenziale. Quello che non funziona è proiettare la propria ambizione smisurata sui figli”. Dunque i genitori – senza rinunciare a pretendere disciplina, impegno e senso di responsabilità – dovrebbero considerare in modo più lucido e realistico le possibilità dei loro ragazzi.

Non so quanto sia attuale la riflessione nel nostro sistema scolastico, dove pure esistono atenei prestigiosi ma ciò che fa davvero la differenza – non per una carriera di successo ma anche solo per non restare disoccupati – è più che altro la scelta della facoltà (a cui aggiungerei anche una certa formazione extracurriculare: conoscere le lingue, aver viaggiato, aver fatto esperienze di volontariato, porsi con umiltà di fronte a una prima esperienza lavorativa).

Viste le difficoltà complessive in cui versa la scuola pubblica italiana, è possibile che “l’ansia da formazione” prenda anche noi. Anzi, forse qualche “sorvolo” preoccupato sul percorso scolastico dei nostri figli lo stiamo già facendo. Ma anche in questo caso, spero che gli psicologi-zoologi non ci attacchino. E mi auguro che, rispetto alle nostre “colleghe” americane, sappiamo essere serene e lungimiranti, misurando i loro successi (e insuccessi) con il metro della fiducia e non della nostra ambizione. Un po’ più mamme e un po’ meno elicotteri da combattimento, ecco.

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