«Dai, facciamoci una liquirizia!» Questa la frase di rito tra Giovanna e Annalida, quando sistemavano e frenavano al meglio le loro carrozzine nel porticato del giardino dell’ospedale. Speculari nell’aspetto, una bionda e l’altra bruna, una magra ed elegante, l’altra cicciottella e con “la testa fra le nuvole”, le due donne erano diventate in poche settimane inseparabili. Ribelli per natura al regime ospedaliero, anche per la loro giovane età, rispetto a una maggioranza di degenti anziani, Annalida e la sua amica non perdevano occasione per “fuggire dal reparto” e scendere con l’ascensore all’entrata della struttura e respirare una boccata d’aria vicino a piante e fiori.
Sì, con l’ascensore. Era stato proprio quello il mezzo di trasporto che aveva fatto nascere il loro connubio amicale.
Annalida era costretta, a causa di un intervento subìto, a stare seduta sulla carrozzina in posizione reclinata. Giovanna, invece, colpita alle gambe dalla sclerosi multipla, ma molto agile e forte nelle braccia, poteva guidare l’amica in sicurezza, aprirle la porta, farla entrare delicatamente, premere il pulsante del piano e poi spingere come “un ariete” sullo sportello per uscire. Usando questo stratagemma non avevano bisogno di accompagnatori.
Con la forza della volontà e lo spirito d’iniziativa femminile avevano conquistato la loro “fetta di autosuffcienza”.
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