Politica

The Mission, le piroette della Rai

di Riccardo Bonacina

Con un comunicato congiunto. Rai, Unhcr e Intersos, hanno, qualche giorno fa, provato a chiudere le polemiche suscitate dall’annunciato e imminente programma The Mission. Chi ci segue avrà anche visto il dibattito che proprio su questo sito è stato lanciato in seguito a una petizione che ha raccolto più di 100mila firme e che ha annoverato numerosi e interessanti interventi. Da quelli dei nostri blogger: Giulio Sensi, il primo ad aver sollevato il tema, Massimo Coen Cagli, ai pezzi su Vita.it di Global Citinzeship Education Specialist o alle lettere degli stessi dipendenti Rai. Interventi su Vita e su altri media che avevano posto un sacco di questioni serie ai dirigenti Rai. Riassumiamole:

  • I vari VIP parteciperanno senza prendere un gettone di partecipazione da parte della RAI?
  • Quanto spenderà la RAI per questo reality, sul campo e in studio, e quanto prevede di incassare con la vendita degli spazi pubblicitari durante le due puntate? A chi andranno quei soldi?
  • I VIP partecipanti hanno chiuso accordi o prevedono di farlo per’vendere’ servizi sulla loro esperienza ‘umanitaria’ a qualche settimanale o altra trasmissione televisiva? Se sì quanto incasseranno?
  • Come si darà visibilità, senza spettacolarizzazione, non a chi guadagna sulla povertà, ma a tutte persone impegnate nel lavoro con i rifugiati e che spesso silenziosamente dedicano la loro vita per gli altri?
  • Che cosa rimarrà alla popolazione dei campi dopo il passaggio di quindici giorni di una troupe televisiva?
  • In che modo la RAI può coinvolgersi in maniera più concreta, anche contribuendo economicamente? Non potrebbe, per esempio sponsorizzare un progetto che risponda a un bisogno preciso in una delle zone visitate dalle troupe (costruzione di una scuola, di un ambulatorio, formazione del personale) cioè sostenere un’opera visibile e documentabile attraverso la raccolta fondi con parte del ricavato del programma?

Insomma, domande serie che meritavano una risposta seria. Risposta seria che però non è pervenuta stando al Comunicato congiunto che, al contrario, a me sembra una vera presa per fondelli.

RAI, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e INTERSOS, infatti, dopo aver assicurato che “hanno seguito con molta attenzione il dibattito sviluppatosi sui media relativo al programma Mission”, fanno queste precisazioni.

Udite udite, e segnatevi questo capolavoro linguistico vero monumento al nominalismo imperante: “Per quanto concerne la trasmissione televisiva, riteniamo necessario ribadire che non si tratta in alcun modo di un “reality” ma di un progetto di social TV”. Quindi, capito?, il problema non c’è più, mica è un reality, ma “social tv”. Io non so quanto siano coscienti i dirigenti Rai del termine usato. Ricordiamo a una televisione che non ha ancora scollinato i problemi della tv digitale e che è ferma al televideo anni ’80 che Social tv significa la convergenza di Social Media e Televisione e la loro iterazione. Staremo a vedere i prodigi tecnologici della Rai, ma per ora sottolineamo che questo ha a che vedere con il linguaggio e non il format della trasmissione.

Seconda precisazione (letterale):  “I volti noti, non saranno remunerati salvo un rimborso spese”.  Cioè? Dico, non vi sentite presi in giro? Sotto il rimborso spese ci può star di tutto, perciò sarebbe stato degno di un’azienda pubblica televisiva dire quanto si spenderà per gli ospiti Vip e per il programma e per gli eventuali progetti sul campo. La domanda era semplice, semplice.

Così come le altre importanti domande che restano inevase sotto una dose abbondante di retoriche tra cui “Il grande pubblico avrà la possibilità di vedere – senza finzioni sceniche (ndr quindi un reality?) – come realmente si svolge la giornata tipo in un campo rifugiati e di conoscere da vicino i problemi di chi vive e lavora nel campo, ovvero i rifugiati e gli operatori umanitari” ect ect.

Insomma, questa è la Rai. E l’Alto Commissariato per i rifugiati e Intersos, si accontentano di quanto arriverà loro, e tramite, loro, speriamo, ai rifugiati benedetti dal faro tv. Tutti contenti?

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