Formazione

Tfa, l’ennesima presa in giro

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di uno dei giovani iscritti al Tirocinio Formativo Attivo: una via crucis che mi sta costando 2.500 euro

di Redazione

Scrivo queste poche righe per condividere l’inizio di questo benedetto TFA (Tirocinio Formativo Attivo) che mi vede coinvolto. Dopo le prime lezioni a pagamento ho deciso che era arrivato il momento di rivolgermi ai media per segnalare l’imbarazzo che sta facendo capolino da troppo tempo sulla condizione dei giovani insegnanti.
 
Tiriamo le fila sino a qui: ho superato i tre test di ammissione al TFA (test preselettivo, esame scritto, esame orale) e scucito dalle mie tasche 300 euro per iscrivermi alla classe delle medie, degli istituti tecnici e dei licei. Con bravura e un pizzico di fortuna ho passato tutte le selezioni. Sono gli inizi di novembre. Il giorno 15 escono le graduatorie finalizzate all’iscrizione al Tirocinio e contemporaneamente l’indicazione che l’iscrizione è da effettuarsi entro il 20 novembre. A soli 5 giorni di distanza, e con in mezzo il week-end. Cifra da sborsare? 588 euro per la prima rata, che verso allo sportello di Intesa San Paolo con la speranza che il Tirocinio possa essere un momento efficace di formazione per la mia professione. Mi dico, non avrò il posto  sino a 50 anni ma almeno mi preparo e mi aggiorno.
 
I soldi da versare non finiscono qui: mancano ancora 2mila euro con modalità che presumibilmente, vedendo il metodo applicato, saranno comunicate tre giorni prima della scadenza. Sì, avete capito bene: il totale risulta 2.500 euro, quasi tre mensilità di un giovane insegnante per un corso di sei mesi. Ma tra me e me continuo a ripetere: sarà un momento efficace di formazione per la mia professione.
 
E così cominciano le lezioni. Si parte con lezioni da 4 ore al pomeriggio di geografia e scienze della formazione. Ed ecco la sorpresa. Professori non all’altezza (che sbagliano tutte le pronunce in inglese e riempiono i corsi con discorsi teorici), professori all’altezza che devono dividersi tra numerose classi e lezioni senza aver capito neppure loro capito che ci stanno a fare in aula, giovani insegnanti che stanchi di questa solfa si mettono a correggere i compiti e le verifiche dei loro alunni in un intervallo di tempo che dovrebbe invece formarli. Potrei fare nomi ed esempi puntuali di tutto ciò, ma non sarebbe utile per un unico motivo: non sono tanto i personaggi del racconto (corpo docente, università, giovani insegnanti) a discreditare la storia, quanto il narratore onnisciente (Stato e Ministero dell’Istruzione) che ha costruito la trama del racconto.
 
Possibile che un giovane insegnante debba sostenere un iter di esame così lungo per accedere, non a un lavoro, ma a un Tirocinio? Possibile che tale Tirocinio costi al giovane insegnante 2.500 euro visto il suo stipendio da fame? È per finanziare le Università a nostre spese? Possibile che in un Tirocinio così “prezioso” siano presenti docenti non competenti (ci saranno certamente anche quelli competenti, ma non me n’è ancora giunto l’eco nei diversi racconti)?
 
Come nel film "Matrix", la celebre pellicola dei fratelli polacchi Wachowski, in questo Bel Paese siamo di fronte ad una scelta: pillola azzurra o pillola rossa. Pillola azzurra: Fine della storia, o della scuola. Si continua così. Pillola rossa: Torniamo al mondo reale. Quello in cui la scuola occupa la maggior parte del tempo dei ragazzi, degli insegnanti, e quindi di tutti noi. Chi non ha almeno un parente coinvolto in questo ambito?! E cominciamo a dare più spazio nell'opinione pubblica di questa situazione.

Io della pillola azzurra sono stufo, ed economicamente non posso più permettermela. Voi?

Un saluto
Gigi Groendi
 

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.