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Terzo Settore, una buona riforma col nodo delle risorse
Il commento di Riccardo Bonacina nell'editoriale del numero in edicola da venerdì. Stamattina intanto è partita la discussione in aula alla Camera
Lo scorso 18 marzo, a quasi sei mesi data dall’inizio della discussione e a quasi un anno dall’annuncio del premier Renzi, è stato approvato il Disegno di legge delega in materia di Terzo settore, Impresa sociale e Servizio civile dalla Commissione Affari Sociali della Camera. L’ok della Commissione segna la fine del primo tempo di una partita che di tempi ne prevede tre. Il secondo comincia oggi in Aula a Montecitorio dove si misurerà la capacità di tenuta del testo approvato in Commissione, a seguire ci sarà il passaggio nelle Commissioni e nell’Aula del Senato, e infine, il terzo tempo, quello più delicato e importante, si giocherà entro un anno dall’approvazione della legge delega quando il Governo dovrà emanare i decreti previsti dalla delega.
In questi settimane la domanda ricorrente riguarda i tempi della Riforma, entro quando atterrerà? Mi sbilancio in una previsione che a me pare realistica: entro giugno 2016. Speriamo, perché il tempo è un valore necessario e sufficiente in un percorso riformatore. Aver rotto la sindrome delle basse aspettative e aver alimentato una consapevolezza di cambiamento è importante ma altrettanto importante è fare presto.
Che testo è uscito dalla Commissione? Siamo di fronte a un impianto che ha mantenuto le promesse riformatrici contenute nel testo del Governo? Rispondiamo subito sì. Il lavoro della Commissione, nonostante qualche lunghezza, è stato un lavoro utile che ha rafforzato l’intento della Delega e ne ha approfondito gli item. Ecco qualche punto essenziale della Riforma.
Un primo punto importante è il fatto che per la prima volta si definisce cosa sia il Terzo settore nel suo complesso e non solo a spicchi, affrontando una definizione civilistica e non solo fiscale.
Il Terzo settore con questa Delega è stato affrancato dal regime concessorio e dalla visione improduttiva dentro cui fu confinato dal Codice civile fascista del 1942, per la prima volta si opera una netta distinzione tra una finalità non lucrativa e la possibilità di svolgere attività commerciali. Un punto questo che farà uscire da un terreno grigio e spesso elusivo la gran parte delle organizzazioni non profit che, come dice l’Istat, sono già da tempo market oriented. Coerente con questa impostazione, è la norma (l’art. 9) che mira a ridefinire gli enti non profit in base all’effettivo impatto sociale raggiunto e alle finalità non lucrative di interesse generale. Oltre all’articolo 6 espressamente dedicato alla nuova impresa sociale che permetterà a non profit, ente pubblico e privati uno spazio di vera co-produzione, è utile segnalare la disposizione che prevede l’iscrizione di associazioni e fondazioni al libro V del codice civile (dedicato alle imprese) qualora svolgano attività di natura imprenditoriale. Un’indicazione importante per ampliare il comparto dell’imprenditoria sociale attingendo al bacino non profit non solo attraverso la cooperazione sociale.
Importante è anche l’opera di ridefinizione e semplificazione normativa rispetto ad una stratificazione di norme caratterizzate da un livello di frammentarietà ed incertezza giuridica elevatissimo. In tale contesto, va apprezzato sia la volontà di procedere a un Codice del Terzo settore (art. 4) sia quella di procedere a un Registro unico del Terzo settore che aumenterà la trasparenza del settore.
Importante anche la nascita di un Servizio civile universale che si propone di dare l’opportunità di impegno a circa 100 mila giovani dal 2017.
Resta problematico il nodo delle risorse su cui i passaggi d’Aula potranno chiedere indicazioni più precise sia riguardo alla Vigilanza del settore sia riguardo le risorse per il suo sviluppo.
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