Cultura
Terzo settore in fondo a destra
Autoreferenzialità e folclore, cinismo e burocrazia, confusione e troppa, davvero troppa dipendenza dalla politica. Questo il ritratto impietoso di un Terzo settore in perenne crisi di mezzi e, forse, anche di fini. Scritto da un vero "inside man", Marco Ehlardo, per i tipi di Spartaco edizioni, "Terzo settore in fondo" è un diario scritto con stile e passione che guida i lettori nel più intricato dei mondi possibili: quello dell'accoglienza dei rifugiati politici.Sullo sfondo la Giornata Mondiale del Rifugiato, sbiadita e grottesca vetrina politica nelle mani di associazioni di facciata.
di Marco Dotti
Lavorare sei giorni su sette, dieci-dodici ore al giorno. Lavorare attendendo lo stipendio da mesi e poi sentirsi dire: "Ma chi te lo fa fare?" Oppure: "perché non ti trovi un lavoro vero?". Come se chi lavora nel non profit non facesse né un lavoro, né un "lavoro vero".
Alla prima domanda – "ma chi te lo fa fare?" – il protagonista di Terzo settore in fondo (edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2014) di Marco Ehlardo risponde: "per passione". Ma la seconda domanda, più sottile e cinica, lo manda su tutte le furie.
E come lui sono tanti a provare una rabbia che brucia perché tocca una ferita aperta. Chi pone la domanda, generalmente un mestierante politico, sente l'odore del sangue, sa di quella ferita e non si esime dal farla sanguinare.
"Perché non ti trovi un lavoro vero?"
Come se fosse "vero" il lavoro di tutti i burocrati, i funzionari, gli addetti di qualche ufficio comunale intenti a prolungare le formalità di quel tanto che basta per rilanciare all'infinito decisioni che non arriveranno mai. Sono proprio loro, accanto ai rifugiati politici, volontari e funzionari a popolare parte di questo bel libro, duro e autoironico, che offre lo spaccato di un mondo – quello dell'accoglienza ai migranti – spesso segnato da incosapevole cinismo.
E poi c'è il weekend. Ma il fine settimana di un operatore sociale tutto è, fuorché tempo di non lavoro. È solo un momento in cui gli impegni si allentano, ma non si possono mettere in "pausa". È di questo lavoro continuo, fatto di mediazioni difficili e contrasti con luoghi comuni e comunissime beghe tra associazioni, che si occupa Ehlardo.
Il libro di Ehlardo è un saggio, uno dei migliori scritto su questo argomento. Ma con una particolarità che lo rende prezioso: del saggio non ha né la pesantezza, né la struttura, ma ne mantiene l'efficacia. Si presenta infatti come una sorta di diario dell'alter ego dell'autore, Mauro Eliah, che si occupa di rifugiati politici. Categoria, questa dei rifugiati, che l'opinione pubblica e persino la prassi istituzionale assimilano a quella dei migranti tout court, anche se le cose – e il libro ce lo racconta bene – stanno in ben altro modo.
Politica e Terzo settore: convergenze fatali
Tra codici contraddittori, burocratiche "convergenze parallele" e promesse di assessori sempre da decifrare – il bravo operatore sociale sa leggere oltre, non solo tra le righe – appare anche Thomas Compaoré, un rifugiato del Burkina Faso che porta il nome di Sankara e il cognome del suo assassino, Blaise Compaoré. Sullo sfondo della sua straordinaria vicenda, la parodia della Giornata Mondiale del Rifugiato dove assessori e cooperanti studiano come sfoggiare con enfasi degna di miglior causa tutto l'esotismo pararazzista di cui i "buoni" sono capaci: concertini etnici, cibi etnico, colori etnici. Tutto a uso e consumo della propria buona coscienza.
E poi, sempre sullo sfondo, c'è il razzismo dichiarato, che come tutti i fenomeni complessi non è unidirezionale. Ricorda l'autore "chi crede che il razzismo sia un fenomeno esclusivo del Nord contro il Sud sbaglia di grosso. Il razzismo esiste anche tra gli immigrati: bianchi contro neri (e vabbé, standard direte), maghrebini contro subsahariani, e a volte tutti contro noi italiani".
E poi c'è la questione dei diritti: chi arriva ha spesso "lottato a casa propria" per veder riconosciuti diritti che qui ritrova sulla carta, ma solo sulla carta. E poi ci sono le mezze verità, le menzogne e l'ingenuità di chi arriva dichiarandosi perseguitato ed esibendo paradossali certificati di merito e buona condotta stilati dalla polizia del proprio Paese… Ma qui interviene la capacità dell'operatore, capacità professionale e umana mai divise nella storia del protagonista del libro.
Il terzo settore campano, in particolare quello napoletano, ha molti pregi. Uno su tutti, la professionalità dei suoi operatori. Ma al tempo stesso, come ogni cosa che in qualche modo tocca tensioni universali (l'alterità, l'ospitalità etc.) rischia di farsi isterilire per mancanza di concretezza. È un male comune, si dirà. Ma qui questo male è più comune che altrove. A frapporsi tra il concreto – la pratica di tutti i giorni- e l'universale declinato in forma retorica c'è l'apparato. E c'è il terzo settore stesso, da sempre campo di lotte tra egocentrismi di vario stampo e colore.
Nel lavoro di Ehlardo, autoironico e mai compiaciuto, questa analisi è particolarmente precisa e tagliente. Soprattutto là dove indica nella "mancanza di indipendenza dalla politica" il tarlo che sta lentamente corrodendo e portando al disastro questo mondo. Un libro da leggere, amaro nell'analisi, bello nella scrittura. Un libro che non "indigna" – le indignazioni sono colpi sparati a salve – ma invita con dura concretezza a pensare. E invitando a pensare rinnova l'invito all'azione.
@oilforbook
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