Economia

Terzo settore: 4 requisiti per accedere al tesoro dell’impatto sociale

Soltanto in Italia sono stati lanciati fondi e prodotti finanziari per un valore totale ben oltre i 2 miliardi di euro nella prima metà del 2020. Sono investimenti che oltre al ritorno finanziario cercano un impatto sociale e ambientale misurabile. Una grande opportunità per i soggetti sociali a patto che...

di Filippo Addarii

Uno spettro si aggira per l'Europa: No, non è lo spettro del comunismo, ma quello di un nuovo capitalismo che ha scoperto la sua vocazione sociale. Le denominazioni sono numerose e non sempre chiare: finanza sostenibile, Investimenti d‘impatto, SRI, ESG etc. Questo nuovo capitalismo si manifesta nelle fattezze di quelli che in passato erano additati come i simboli del capitalismo speculativo e predatorio come JP Morgan, Goldman Sachs; e persino investitori istituzionali come la European Investment Bank. Utilizza gli strumenti noti della finanza – fondi immobiliari, bond, Venture Capital, Private Equity etc. – ma declinati anche per soddisfare i bisogni della società e dell’ambiente.

Uno tsunami di investimenti nell’ordine di oltre 700 miliardi (GIIN 2020) ha investito il mercato. Soltanto in Italia sono stati lanciati fondi e prodotti finanziari per un valore totale ben oltre i 2 miliardi di euro nella prima metà del 2020. Sono investimenti che oltre al ritorno finanziario cercano un impatto sociale e ambientale misurabile. Non si tratta di un’eccezione. Il trend è stato costante con crescita esponenziale negli ultimi 10 anni ed ora risente positivamente dell’effetto Covid-19: sostenuto dai privati che nel lockdown hanno trovato il tempo per meditare sulla vulnerabilità della società globale, e dalle misure dei governi allarmati dalle conseguenze economiche e sociali dell’epidemia.

È una tempesta perfetta per chi ha sempre sostenuto uno sviluppo sostenibile alla ricerca di un equilibrio tra crescita economica, progresso sociale e rispetto dell’ambiente. Quindi, alla constatazione dei fatti segue la domanda: Il Terzo settore, che di questo equilibrio dello sviluppo è sempre stato fautore, è pronto a cogliere questa opportunità?

Pongo la questione non tanto per pontificare sullo stato del Terzo settore e sull’efficacia della recente riforma, ma per verificare un’opportunità d’investimento. Sono tra i promotori di Urban Impact Fund, il fondo impact finalizzato al miglioramento della qualità della vita, e al rafforzamento della resilienza delle comunità e della sostenibilità delle città.

Il Terzo settore potrebbe giocare un ruolo strategico, ma deve rispondere a una serie di requisiti:

  • Progettualità per la crescita: qualunque investitore, che sia d’impatto o no, ha come scopo innanzitutto vedere il proprio investimento crescere in modo esponenziale tanto in volume quanto in qualità. Oggi più che mai questo significa investire in innovazione. Il capitale cerca nuovi progetti, anche piccoli alla partenza, che si pongono l’obiettivo di trasformare il settore di riferimento, che vogliano crescere ed espandersi, e che sappiano tradurre le ambizioni in obiettivi quantitativi tanto sul piano del ritorno finanziario che di quello sociale e ambientale. Pensare in piccolo non fa fare molto strada con gli investitori.
  • Governance appropriata: l’investitore si attende processi decisionali rapidi, snelli ed efficaci, e vuole avere la garanzia della tutela del proprio investimento per poter un giorno godere dei frutti dei rischi presi. È probabile che voglia avere un ruolo nella governance e che, per quanto paziente, programmerà di disinvestire nell’arco di dieci anni. Perciò diventa necessario creare dei veicoli che rispondano alle aspettative del partner che fornisce il capitale. Da una parte questa è una strada percorribile per tutte le organizzazioni non profit, anche quelle per storia e cultura tra le meno commerciali. Potrebbe anche dare luogo ad aggregazioni di piccole realtà per fare volume e generare economia di scala. Dall’altra questo sviluppo sicuramente genererà delle tensioni interne confliggendo con l’istinto democratico del settore e la sua diffidenza nei confronti della cultura commerciale. Questa potrebbe essere anche giudicata un’unione contra natura ma l’occasione richiede di cimentarsi in relazioni nuove, talvolta pericolose.
  • Rinnovamento del management: ogni investitore che si rispetti prende una decisione d’investimento anche in base alla valutazione dell’imprenditore – da declinare al singolare o al plurale – e del senior management team. In fin dei conti sono sempre le persone che guidano il progetto imprenditoriale e garantiscono il successo dell’investimento. Il team deve dimostrare di avere le qualifiche professionali, l’esperienza e la determinazione per raggiungere l’obiettivo. Perciò è venuto il momento che la vecchia guardia apra le fila del comando a una nuova generazione di manager che non solo motivate e fedeli alla causa, ma anche preparati e qualificati per valorizzare gli asset del settore e cogliere le opportunità che questo nuovo tempo offre. In questo cambiamento si deve tenere presente il tema della diversità – età, genere, nazionalità etc. – come elemento distintivo del nuovo management. La diversità fa la forza in un mondo complesso e imprevedibile.
  • Tecnologia abilitante: la tecnologia insieme al capitale finanziario e umano sono i principali fattori di successo di un progetto imprenditoriale. Qualsiasi investitore analizza tanto le capacità tecnologiche quanto le possibilità di sviluppo tecnologico. La cosiddetta ‘disruptive innovation’ è associata per l’appunto all’applicazione della tecnologia digitale a settori produttivi tradizionali. Pertanto il terzo settore deve dotarsi di una strategia digitale non soltanto credibile, ma innovativa e soprattutto esponenziale, cioè che dimostri grande potenziale trasformativo e di crescita. Inoltre la tecnologia è la via per mettere appunto nuovi sistemi di valutazione dell’impatto che siano all’altezza delle aspettative degli investitori che richiedono sempre più trasparenza, precisione quantitativa ed efficienza nei processi. Storie e propositi sono importanti ma non sono sufficienti in un modo sempre più plasmato dalla tecnologia.

Se questi sono i requisiti per cogliere l’opportunità, il Terzo settore ha anche il compito di vigilare sullo sviluppo di questo nuovo mercato che entrerà prepotentemente nel proprio raggio d’azione. La quantità di denaro disponibile per il sociale e l’economia verde eserciterà sempre più una forte attrazione inducendo anche comportamenti opportunistici: speculatori truffaldini, politici riciclati, tromboni d’accademia, giornalisti distratti e soprattutto il crimine organizzato. Proprio in questi giorni mafia e ndrangheta popolano le pagine dei media internazionali per le loro attività finanziarie che hanno sfruttato l’emergenza sanitaria.

Inoltre il Terzo settore è chiamato anche a sostenere l’azione di governo e degli enti locali nel formulare politiche adeguate nel regolamentare stimolando il mercato dell’impact investing. Finora i risultati sono stati deludenti e inclini piuttosto alla conservazione che all’innovazione. Non vorrei che i legislatori si lasciassero distrarre dall’arrivo dei fondi europei perdendo il senso di questi investimenti che servono alla ripresa e alla trasformazione del paese in una prospettiva di partnership tra pubblico e privato.


*co-Founder & CEO PlusValue Advisory Ltd

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