Cultura

Terroristi, la ricetta di Salomone

L'editoriale - E' stato lapidario il Papa nello sconfessare tutti gli assetati di crociate. Gli atti terroristici? «No, non sono proprio contro il cristianesimo».

di Giuseppe Frangi

E’ stato lapidario il Papa nello sconfessare tutti gli assetati di crociate. Una risposta secca, senza il contorno di nessuna motivazione, data a un giornalista al termine di un incontro informale con i sacerdoti valdostani. Gli atti terroristici? «No, non sono proprio contro il cristianesimo». Una dichiarazione tanto più forte perché arrivata a smentire le prese di posizioni, ripetute, del suo segretario di Stato, il cardinal Angelo Sodano. Con quelle poche parole Benedetto XVI ha messo le cose a posto per tutti, non solo per i cattolici. Si è sottratto e ci ha in parte sottratto dalla logica disperata della guerra, in cui il terrorismo e non solo lui vuol farci precipitare. Davanti allo spettacolo tremendo che la cronaca ci sta mettendo davanti in queste settimane d?estate, il poter restare attaccati a quel filo di fiducia nell?uomo e nella storia è un bene prezioso, per lo spirito e per la ragione di ciascuno. Perché il film a cui stiamo assistendo ha due attori diversamente macabri. Il primo attore è naturalmente il kamikaze che obbedendo a una religione avvelenata dall?ideologia, reitera i suoi gesti folli, cambiando ogni volta ?teatro?. Ma il secondo attore macabro è chi, da questa parte del mondo, continua con le sue reazioni o sterili o retoriche o grottescamente feroci, ad alimentare indirettamente il fanatismo demenziale di quei killer. Il primo attore, oggettivamente, in questo momento è fuori controllo: troppo il mistero e la carica di male che assediano e accecano quegli uomini. Sul secondo attore, invece, grava il peso di una micidiale irresponsabilità: è il peso di tante parole buttate sulla scena pubblica senza la minima valutazione delle conseguenze che quelle parole scatenano. Così il dramma di vedere la nostra quotidianità in balia della follia dei kamikaze (non importa se i numeri siano tutto sommato piccoli: sono il condizionamento psicologico, le conseguenze sulle piccole scelte a risultare nei fatti devastanti); così – dicevamo – quel dramma raddoppia di gravità davanti alla ripetuta constatazione dell?inadeguatezza di chi governa il mondo ?civile?. E’ un?inadeguatezza innanzitutto umana, prima ancora che politica. Perché il pensare che la guerra sia l?unica risposta alla guerra non solo è una scelta politicamente fallimentare, come dimostra la situazione dell?Iraq con i suoi 25mila morti civili e come dimostra il contagio che da lì si è scatenato. è di più: è una scelta umanamente disperante. Avere politici e predicatori che, ad ogni soprassalto del terrorismo, non sanno proporre altro che la logica della guerra come soluzione, è una condizione che diffonde concretamente disperazione. Quanto è purtroppo lontana quella figura di potente evocato da un brano bellissimo della Bibbia, contenuto nel Primo libro dei Re: «Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. Dio gli disse: ?Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ti concedo un cuore saggio e intelligente?». Queste sì che sono parole che propongono speranza. E che toglierebbero ogni chance ai terroristi.


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