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Territori occupati: la salvezza passa per il lavoro…che non c’è

Il rapporto sulle recenti condizioni dei lavoratori nei territori arabi occupati che Juan Somavia, direttore generale dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro...

di Irene Amodei

Il rapporto sulle recenti condizioni dei lavoratori nei territori arabi occupati che Juan Somavia, direttore generale dell?Ilo, l?Organizzazione internazionale del lavoro, ha presentato il 30 maggio a Ginevra, non lascia spazio a equivoci. «Orribili» e «insostenibili» sono i termini impiegati da Somavia, alla luce delle numerose missioni inviate dall?Ilo lo scorso anno in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, nel Golem siriano e a Gerusalemme est. L?embargo finanziario imposto alle autorità palestinesi dalla comunità internazionale, l?incameramento delle imposte da parte di Israele, la fine del sostegno al budget dello Stato da parte dei donatori occidentali e le pesanti restrizioni imposte alla mobilità di beni e persone all?interno dei territori hanno indebolito fino alla paralisi il sistema economico del nuovo Stato. Il reddito pro capite si è abbassato del 40% rispetto al 1999 e il primo a risentire dei tagli è stato il settore pubblico, che rappresenta il 50% del Pil e dà lavoro a 160mila persone, in seguito alla crisi prive di stipendio completo dal marzo 2006. Il documento preparato dai funzionari dell?Ilo parla di 2,4 milioni di persone costrette a vivere al di sotto della soglia di povertà e di 206mila disoccupati, pari al 24% della forza lavoro. Oltre il 67% sono giovani tra i 15 e i 24 anni. Nella Striscia di Gaza le cifre raccolte sono ancora più drammatiche: il 35% degli abitanti sono disoccupati, l?88% sono più che poveri.

E non è tutto. Il rigido sistema di permessi di lavoro messo a punto da Israele ha ridotto il numero di persone autorizzate a varcare il confine dalle 140mila del 1999 alle 53mila nel 2006. Con le conseguenze che immaginiamo…

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