Famiglia

Terremoto: tv da spegnere

Croniste d'assalto, telereporter da corsia, microfonatori kamikaze: in Molise la peggiore informazione spettacolo. Una volta c'era Luigi Necco...

di Giampaolo Cerri

«Eh innatevenne co ‘ste teleccamere». Lo sfogo dell’anziana signora di San Giuliano dei Pugliesi sembra uscito dalla pancia di tutti gli italiani. In fuga dalla sua abitazione dopo la forte scossa del pomeriggio di ieri, l’anziana donna si è trovata prigioniera in una selva di operatori e giornalisti tv. Di fronte alla tragedia di questo lembo di Molise, cresce la sensazione che la televisione non riesca a fare più servizio pubblico. Non sia più in grado di fornire cioè le professionalità, gli accenti, la misura giusti. Informare si deve, intendiamoci. Ma i toni e lo stile dell’informazione non sono un optional. Così a rendere più penosa la pena di questi due giorni, ci hanno pensato croniste d’assalto, telereporter da corsia, microfonatori kamikaze. Stonava quell’eccitazione da picco d’ascolto che rimbalzava da un canale all’altro. Eccedeva il diritto di cronaca, era un sovrappiù grautuito e per questo faceva arrabbiare. «Ecco, ecco il papà del piccolo appena tirato fuori dalle macerie», urlava con la faccia congestionata un’inviata di Vespa, strattonando fin davanti alla telecamera un padre ancora scioccato. Per tacere dei «a cos’hai pensato? Alla mamma?», ammaniti ai ragazzini superstiti, decine di volte, da decine di colleghi. Aridatece Luigi Necco. Chi non ricorda le sue cronache dall’Irpinia distrutta, dove arrivò con un operatore prima dei soccorritori? Completezza dell’informazione ma anche passione civile, delicatezza e compassione autentica per le persone che raccontava. Vespa l’ha convocato in studio, venerdì scorso, a fare amarcord. Lo richiami per fare un po’ di lezione ai suoi incursori. I telespettatori gliene saranno grati.


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