Mondo

Terremoto in Cile, la macchina degli aiuti, non ha più benzina

Umanitari e donatori "sfiancati" dopo Haiti

di Paolo Manzo

La Croce rossa per Port-au-Prince aveva stanziato 322 milioni di dollari. ora non è arrivata a 300mila. Ma anche le ong sono sulle ginocchia. E gli Usa hanno messo le mani avanti Due catastrofi in neanche un mese e mezzo. Prima Haiti con 230mila morti e una situazione socio-sanitaria terribile che rappresenta esattamente il caso che gli esperti definiscono di “fallimento dello stato”. Poi il Cile, dove lo stato c’è e funziona ma dove il terremoto è stato 50 volte più potente che a Port-au-Prince. La differenza strutturale ha fatto sì che le case in Cile abbiano retto più che ad Haiti ma, soprattutto in prossimità dell’epicentro, sono comunque crollate mentre il numero delle vittime sale di ora in ora. Al momento in cui andiamo in stampa gli sfollati sono due milioni e i morti circa 800 ma, purtroppo, il bilancio è destinato a salire. Resta il fatto che non poteva esserci timing più crudele per i 17 milioni di cileni le cui vite sono state stravolte alle 3.34 di sabato 27 febbraio dal sesto terremoto più forte di sempre al mondo: il calendario con date così ravvicinate sta creando molti problemi alla struttura internazionale dell’umanitario, dalle ong già sfiancate per il lavoro nell’isola caraibica al sistema delle Nazioni Unite, impegnato a pieno regime nella ricostruzione haitiana.
«Ci siamo messi d’accordo sulle aree in cui coopereremo assieme», spiega a Vita l’ambasciatore cileno all’Onu Carlos Portales. Si tratta di due settori – l’installazione di ospedali da campo e di mense per chi è rimasto senza casa ? entrambi sotto il coordinamento e la guida di Santiago. Anche la Croce Rossa è già partita con alcuni specialisti. «Non ci spaventa la concomitanza con Haiti. Organizzazioni come la nostra», ha tenuto a precisare il portavoce Eric Porterfield, «sono abituate a passare da un’emergenza all’altra. È già successo nel 2008 quando eravamo impegnati su più fronti, il ciclone in Thailandia e il terremoto di Sichuan in Cina». Se per Haiti l’organizzazione con sede a Ginevra ha già stanziato 322 milioni di dollari per il Cile, al momento, ne ha versati in un fondo ad hoc appena 280mila. Una differenza enorme che mette chiaramente in evidenza l’altro grande problema della comunità internazionale: la difficoltà del fundraising presso i potenziali donatori già prosciugati dalle sottoscrizioni pro-Haiti.
E lo stesso discorso fatto per la Croce Rossa vale anche per Medici senza Frontiere che ha già inviato un team di primo soccorso nel paese della cordigliera e per Oxfam che ha inviato a Santiago un team di cinque esperti ? ingegneri ed esperti in logistica – per valutare il da farsi. «Vogliamo essere sul posto per dare una mano prima possibile», ha detto Jeremy Loveless, uno di loro, aggiungendo che il bisogno di soccorsi internazionali non sarà paragonabile a quello di Haiti.
Il vero problema però sussiste adesso per la miriade di piccole associazioni, che dopo l’impegno prodigato ad Haiti in cui sono ancora presenti, rischiano il collasso. La denuncia arriva dagli Stati Uniti. Proprio a febbraio, prima del sisma cileno, l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale Usa aveva infatti allertato le ong statunitensi impegnate ad Haiti che i costi sostenuti sull’isola erano stati così alti da richiedere un taglio ai fondi per le altre missioni. «Diventa difficile adesso essere presenti in Cile come siamo stati con Haiti», spiega Farshad Rastegar a capo di Relief International. «Faremo del nostro meglio ma siamo al collasso». Quanto all’Italia l’Unità di crisi della Farnesina si è detta pronta a far partire i soccorsi ma solo quando «vi sarà un coordinamento europeo che, ancora una volta, sarà fondamentale per non creare confusione» ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini.


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