Economia

“Terre ritrovate”, ritorna a fiorire l’ex granaio dell’antica Roma

Un progetto della Caritas di Cagliari che mette insieme Comuni, imprese e Fondazione “Carlo Enrico Giulini”, per riportare i giovani nelle campagne del Gerrei. Presentato il sito di e-commerce che consente di acquistare i prodotti dell'antica tradizione: formaggio, mirto, miele, "su pistoccu", pasta, semola.

di Luigi Alfonso

È possibile, al giorno d’oggi, immaginare un prodotto che sia allo stesso tempo buono, sano e sostenibile? È la domanda che si sono posti, tre anni fa, i promotori dell’iniziativa “Terre ritrovate”, vale a dire la Caritas diocesana di Cagliari, i parroci del Gerrei (sud-est della Sardegna) e poi al loro fianco i sindaci del territorio, la Fondazione “Carlo Enrico Giulini”, le imprese agricole che hanno dato la loro adesione e l’impresa sociale “Lavoro Insieme”. Così ha preso corpo un progetto che punta a dare nuovamente valore alle terre dimenticate (le stesse che, duemila anni fa, erano considerate il granaio dell’antica Roma) e nuova linfa ai campi abbandonati. Passo dopo passo, l’entusiasmo sta risultando contagioso e oggi si è arrivati al varo di un sito di e-commerce etico che permette di acquistare i prodotti della filiera agroalimentare. Al centro di questa progettualità ci sono soprattutto le storie di uomini e donne, ma anche di luoghi che hanno conosciuto tempi ben più felici non solo in ambito agricolo ma anche nel settore minerario.

«Che cos’è periferico? Lì dove l’Uomo esiste, non c’è periferia. Quello è il centro», è la provocazione di monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari. «Questa iniziativa si può riassumere in quattro parole: comunità, perché si esce dalla crisi insieme ritrovando le ragioni del nostro essere comunità; partecipazione, perché ciascuno deve rendersi protagonista del proprio riscatto, che passa attraverso la capacità creativa: vale per l’imprenditore, ma anche per i parroci, per i sindaci e per la Fondazione che ci affianca; condivisione, perché per essere comunità bisogna saper condividere le proprie energie, la propria intelligenza, i propri beni; infine, la quarta parola è educazione perché questo non può essere semplicemente frutto di una ingegneria sociale o di azioni di marketing, è un problema di mentalità e di cultura, e noi possiamo ridiventare protagonisti del nostro sviluppo solo se accetteremo di lasciarci educare dalla Storia a superare una certa solitudine individualistica e a sposare pienamente i valori della comunità della partecipazione».

Il direttore della Caritas di Cagliari, don Marco Lai, sottolinea che «si tratta di un progetto attraverso il quale abbiamo provato a sognare qualcosa di nuovo e importante per questo territorio periferico rispetto alla Città metropolitana di Cagliari. Ora presentiamo un piccolo punto di arrivo, il sito di e-commerce etico, ma la Chiesa diocesana ha fatto un cammino di ascolto delle comunità perché diventi davvero un’opportunità per un territorio in grave crisi demografica dopo la chiusura delle miniere negli anni ‘60. La nostra Diocesi vanta anche altre esperienze, come quella di Settimo San Pietro, dove siamo riusciti a far emergere i panificatori abusivi che facevano concorrenza sleale rispetto a chi stava nelle regole, nella legalità. Le nostre terre non sono soltanto un problema di memoria, bensì consentono di riscoprire saperi, sapori, benessere, con un ritorno alla filiera corta come insegnano la storia del pane e della pasta».

Franco Manca, presidente dell’impresa sociale “Lavoro Insieme”, spiega che «l’obiettivo di questa iniziativa ha lo scopo di valorizzare le imprese del territorio. Nei tre anni passati abbiamo preparato migliaia di pacchi dono che sono stati distribuiti in tutto il Gerrei. I prodotti locali sono stati poi venduti in mercati importanti, per esempio a Milano e Parma. Poi abbiamo sviluppato una serie di connessioni con i Gruppi d’acquisto solidale, con i quali contiamo di incrementare le vendite di formaggio, mirto, miele, pistoccu, pasta, semola. Siamo riusciti a seminare 4 ettari di grano che utilizzeremo per la seconda e terza lavorazione di questa materia prima, in un’ottica di percorso solidale. Ma noi speriamo di aver seminato soprattutto un po’ di speranza in questi territori, che per lungo tempo sono stati dimenticati e messi in condizioni di forte spopolamento e di scarsa natalità».

Alessandra Quartu è una giovane donna imprenditrice di Ballao che ha deciso di rischiare, scommettendo sulla tutela dell’ambiente e sulla rivalorizzazione dei terreni abbandonati. Suo padre, in passato, è stato uno dei più grandi produttori di grano del Gerrei. «Proseguo nella sua attività, con grande entusiasmo e speranza. Sono ancora un po’ inesperta ma non mi arrendo. Spero soltanto che ora mi seguano altri giovani», è il suo breve commento.

Una parte importante può svolgerla l’Unione dei Comuni, portando avanti un progetto di sviluppo territoriale condiviso che si allarghi a una serie di realtà imprenditoriali e istituzionali, tra cui lo Slow Food di Cagliari. Un intento che è stato confermato dal sindaco di San Nicolò Gerrei, Stefano Soro (in rappresentanza dell’Unione), e dal primo cittadino di Ballao, Gian Franco Raffaele Frongia: «Desideriamo ritrovare il senso di comunità attraverso l’agricoltura. Il grano è il simbolo di una società che appartiene soprattutto al passato, ma è nuovamente il nostro presente e vogliamo farlo diventare il futuro di quest’area geografica».

La simbolica aratura di un campo, seppure tardiva rispetto alla tradizione di questa zona dell’Isola, ha suggellato l’avvio del nuovo progetto che ora deve riscaldare il cuore dei più giovani.

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