Amnesty e gli avvocati americani dunque non ce l’hanno fatta. Domani, giovedì, Teresa Lewis sarà “giustiziata” in Virginia, la Suprema Corte ha respinto la richiesta di convertire la pena in ergastolo, come giustamente fa notare Vita.it nella home page del portale. Ma, a parte Vita, quanto silenzio attorno a questa vicenda! Soltanto il portale Superando.it aveva sollevato il caso, spiegando, opportunamente, che la donna è una persona con disabilità mentale, certificata in modo non equivoco. Un quoziente intellettivo bassissimo, che spiega come mai sia stata facilmente circuita dagli esecutori materiali del delitto, gravissimo, di cui è stata ritenuta responsabile, ossia l’uccisione del marito, nel 2002. In quella circostanza venne ucciso anche un figlio di Teresa, una vicenda balorda e drammatica, molto simile ad alcune delle storie “familiari” che riempiono in questi giorni le nostre cronache.
I killer in pratica hanno convinto la donna che era possibile uccidere il marito per impadronirsi dell’assicurazione, movente classico di tanti delitti apparentemente inspiegabili. In Virginia nessuna esecuzione capitale da cento anni. E domani dunque una iniezione letale porrà fine alla vita di una donna debole, incapace di intendere e di volere. In violazione palese della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, firmata anche dagli Stati Uniti. E soprattutto in spregio alla condanna morale della pena di morte, una condanna che tarda a farsi strada nelle coscienze dei cittadini americani. Anche perché la pressione dell’opinione pubblica internazionale è davvero scarsissima.
Poche settimane fa, sia pure a singhiozzo e tardivamente, tutti ci siamo appassionati alla vicenda di Sakineh, donna iraniana condannata alla lapidazione nel paese dominato da Ahmadinejad. Una pressione dell’opinione pubblica e dei governi che ha portato almeno alla sospensione della pena, e sicuramente a una forte irritazione del regime di Teheran per la cattiva pubblicità che questa ed altre esecuzioni capitali stavano facendo in tutto il mondo occidentale.
Perché i giornali italiani non hanno trovato spazio né interesse per questa vicenda americana? Che cosa rende così diverso il destino di Sakineh e di Teresa? Io credo che ci sia un notevole torpore intellettuale, un desiderio di non imbarcarsi in campagne di stampa destinate a disturbare i manovratori del potere, a tutti i livelli. Amnesty da sola non basta, le associazioni delle persone disabili non sono ascoltate quasi mai neppure per problemi più locali.
Forse è ora di ricominciare dai fondamentali. Dal diritto alla vita, non solo quando ci fa comodo. Sempre.
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