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Terapie intensive piene di malati di Covid, pazienti oncologici a rischio

Dopo quasi due anni di pandemia, con le terapie intensive in gran parte occupate da pazienti no vax, siamo di nuovo dinanzi a una fortissima riduzione delle attività diagnostiche e degli interventi chirurgici, anche per i malati oncologici: una riduzione media del 50%, con punte dell'80%. Qualcosa non ha funzionato e si sta allontanando la possibilità di guarigione per molti malati oncologici: mille nuovi ogni giorno. La lettera aperta del presidente del Collegio dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri

di Luigi Cavanna

Contemporaneamente all'allarme del presidente della Società italiana di chirurgia Francesco Basile sulla nuova riduzione dell'attività chirurgica in tutta Italia, srriva la lettera aperta di Luigi Cavanna, Presidente del CIPOMO, Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri. «L'attività chirurgica in tutta Italia è stata ridotta nella media del 50% con punte dell'80%, riservando ai soli pazienti oncologici e di urgenza gli interventi. Ma spesso non è possibile operare neanche i pazienti con tumore perché non si ha la disponibilità del posto di terapia intensiva nel postoperatorio» dice Francesco Basile. «Nel 2021 non siamo riusciti a smaltire le liste di attesa accumulate nel 2020 per patologie chirurgiche in elezione e ciò anche se in molte Regioni si sono organizzate sedute operatorie aggiuntive su specifici progetti. Adesso le liste di attesa torneranno ad allungarsi a dismisura». Nel 2020, ci sono stati 400.000 interventi chirurgici rinviati, con un notevole aumento del numero dei pazienti in lista di attesa e, ciò che è più pesante, si è assistito all'aggravamento delle patologie tumorali che spesso sono giunte nei mesi successivi in ospedale ormai inoperabili». Ecco invece la lettera aperta dei primari oncologici.


Negli ultimi anni sono stati ottenuti progressi molto importanti nella cura di pazienti affetti da tumore maligno: aumento di guarigioni, prolungamento della sopravvivenza per chi non guarisce e miglioramento della qualità di vita per la maggior parte dei pazienti. Questi progressi sono stati ottenuti attraverso la prevenzione (screening), la ricerca tecnica, biologica, farmacologica, e strategie di cura multiprofessionale. Questi importanti progressi rischiano di essere vanificati dalla pandemia COVID-19.

Non possiamo non considerare alcuni punti

1) a febbraio-marzo 2020 il nostro Paese, soprattutto il Nord, è stato pesantemente colpito dalla pandemia, con le conseguenze che tutti ben conoscono e per quanto concerne i malati di tumore questo si è tradotto in: blocco degli screening, ritardi diagnostici, ritardi per interventi chirurgici ecc. Per una malattia tempo dipendente come il cancro, il ritardo della diagnosi e dell’intervento chirurgico (si pensi ai tumori di stomaco, colon, mammella, ecc), può significare la perdita di possibilità di guarigione vera ed essere quindi destinati a morire per una malattia che se trattata in tempo utile poteva essere guaribile;

2) mentre a marzo-aprile 2020 si è assistito e si è accettato che una buona parte degli ospedali pubblici e privati del nostro Paese fosse riconvertita per le cure esclusive di malati COVID, con sospensione o fortissima riduzione delle attività diagnostiche e di interventi chirurgici per molti pazienti – malati oncologici compresi – diventa ora molto difficile accettare che tutto questo si stia ripetendo dopo quasi due anni di pandemia;

3) due anni in ambito medico, scientifico e sanitario sono una enormità. In due anni cambiano tantissime conoscenze, merito della ricerca, non solo biomedica, farmacologica e tecnica, ma anche organizzativa, relazionale ecc. Perché dopo 2 anni gli ospedali si stanno nuovamente riempiendo di malati COVID? Perché gli interventi diagnostici e chirurgici anche per i malati oncologici sono ancora ritardati-rimandati? Sicuramente qualcosa non ha funzionato e crediamo sia corretto ammetterlo.

Quali soluzioni allora? Ci sia permesso ricordare che in oncologia, attraverso la ricerca clinica ed organizzativa su di una malattia che fino a poco tempo fa non la si chiamava per nome, tumore o cancro, ma si preferiva chiamarla “brutto male”, sono stati sviluppati molteplici processi innovativi. Si pensi agli screening, che sono essenzialmente oncologici, si pensi alle cure del fine vita quando la guarigione non è possibile: le cure palliative e gli hospices sono stati introdotti per i malati oncologici. Sono stati inoltre sviluppati anche i concetti della cura multiprofessionale, multidisciplinare, diventati poi modello di comportamento pratico anche per altre branche della medicina e chirurgia.

Sosteniamo, inoltre, che venga finalmente potenziata la medicina territoriale (molto declamata negli ultimi mesi), che si sviluppino una volta per tutte le cure precoci domiciliari, in modo da lasciare liberi gli ospedali. In due anni di pandemia troppa poca ricerca è stata finalizzata alle cure precoci ed i drammatici risultati si stanno vedendo. Chi oggi, a gennaio 2022, ha bisogno dell’ospedale per patologie non COVID-19 rischia di non ricevere una cura adeguata, o comunque di gran lunga inferiore al gennaio 2020 (pre COVID).

Ora sono in commercio farmaci per bocca per le cure precoci a domicilio del COVID, si sviluppino quindi protocolli diagnostico/terapeutici su base scientifica per le cure domiciliari e si raccolgano i dati e si faccia ricerca. La cura precoce domiciliare deve prevedere un approccio multidisciplinare tra medici del territorio, medici specialisti ospedalieri, medici delle unità speciali di continuità assistenziale (USCA). L’obiettivo deve essere quello di ridurre i ricoveri e lasciare liberi gli ospedali per pazienti non COVID.

I vaccini. Negli Hub vaccinali non vengano dirottati i medici degli ospedali, sottratti ad attività fondamentali come la diagnostica (endoscopie, ecografie, ecc) con conseguente impatto molto negativo sui tempi di diagnosi. Si chiamino medici pensionati, si dia l’incarico a medici militari, ecc.

Infine la comunicazione. Troppi “virologi”, terminologia introdotta per il grande pubblico, parlano della pandemia “alzando i toni” l’uno contro l’altro, spesso ridicolizzando chi la pensa diversamente. Non va bene. Abbiamo imparato anni fa, durante le manifestazioni a sostegno della “cura di Bella” che ridicolizzare, parlare con arroganza, non paga, anzi spesso si ottiene l’effetto opposto. Sarebbe opportuno che si parlasse con più umiltà, avendo il coraggio di dire che molti aspetti ancora non si conoscono e qualche volta dire “non lo so”, si deve cercare di unire le persone, infondere tolleranza, fiducia e rispetto, anche per chi la pensa diversamente.

CIPOMO cercherà in ogni modo di tutelare i tanti cittadini che si ammalano di tumore (oltre mille ogni giorno), al fine di evitare che di fronte all’ennesima variante di COVID gli ospedali tornino in ginocchio, le diagnosi vengano ritardate e gli interventi chirurgici non eseguiti. Le soluzioni ci sono e devono essere attuate, i mezzi di comunicazione provino a considerare che esistono purtroppo tante altre categorie di malati oltre ai pazienti COVID e molte malattie come il cancro sono tempo dipendenti e mentre un’alta percentuale di malati COVID può essere curata in sede extra ospedaliera, questo non è possibile per chi deve essere operato per un carcinoma del colon, dello stomaco, del polmone, della mammella o di altro tumore

Foto Unsplash

*Luigi Cavanna è presidente del CIPOMO, Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri.

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