Welfare

Terapia? No grazie, mi curo in gruppo

Alcolisti, giocatori, tossicodipendenti, fumatori: ecco il "popolo delle 24 ore". Che in Italia conta già oltre 1600 esperienze

di Redazione

Clara ha 53 anni. Bionda e minuta, di lei ci è dato sapere solo che appartiene al “popolo delle 24 ore”, così si presenta. E cercando di capire che significa, scopriamo che Clara è esperta di una materia che non ha mai studiato: la dipendenza. Prima, l?amore per un uomo sbagliato la porta alle riunioni dei familiari di alcolisti. Poi, cerca di sanare un rapporto malato con il cibo fra gli Overeaters, i “mangiatori compulsivi”. Infine, anche se da tempo non fa un tiro di sigaretta, approda alle riunioni dei Fumatori anonimi perché ha il terrore di ricascare nelle grinfie di una Marlboro. Eccolo qui, il “popolo delle 24 ore”: nei gruppi di auto-aiuto. Gente che ha un problema serio e lo vuole affrontare giorno per giorno, seduti in cerchio fra chi soffre della stessa sofferenza e chi invece ne è uscito. Si parla a turno, nessuno ti giudica perché ognuno lo sa bene, cosa stai passando: la droga, il tabagismo, l?alcol. Ma anche il gioco d?azzardo, la voracità illimitata, le pulsioni sessuali irrefrenabili, la mania di fare acquisti inutili e contrarre debiti. Una terapia senza terapista, che non costa nulla. «Qui non cerchi qualcuno che ti spieghi perché hai paura», precisa Clara, «vuoi solo trovare chi prova la stessa paura. Cerchi una comunione emotiva con gli altri, non la razionalità del lettino da psicoanalista». I gruppi di auto-aiuto non si lasciano inquadrare. A metà fra la moda d?importazione Usa e un segnale di solitudine vera, c?è anche chi li confonde con qualche setta, per via di quella loro connotazione un po? spirituale ma non religiosa. Eppure queste riunioni serali in locali parrocchiali registrato il boom: una ricerca della Fondazione fiorentina Andrea Devoto ne ha censiti più di 1.600 all?inizio del 2000. Ma gli ?anonimi? della dipendenza spuntano a un ritmo difficilmente monitorabile. I giocatori d?azzardo, per esempio: il gruppo di Milano ne ha appena generati altri fra Torino, Padova, Firenze e Bologna. A Milano hanno aperto i battenti i Nicotina Anonimi, a Bergamo gli schiavi dei debiti. Gli Overeaters Anonymous contano già una cinquantina di “filiali” mentre gli Alcolisti Anonimi sono dappertutto: circa 500 gruppi, più le sezioni per i familiari. Tutto cominciò oltreoceano nel ?34, quando pochi amici annebbiati dai superalcolici si trovarono a sfogare le loro angosce. E a elaborare i “12 passi”, le tappe della guarigione. Primo: dichiararsi impotenti di fronte alla “sostanza”, che sia alcol, gioco, eroina o dolciumi. Ultimo: una volta sobri, trasmettere positività ai nuovi arrivati. L?esperienza arriva a Roma nel ?76, galeotta fu una riunione di alcolisti americani in uno scantinato, prontamente copiata da due italiani. Un linguaggio tutto loro e la legge del nome celato, ecco cosa accomuna chi si aiuta da solo. «L?anonimato ci mette a nostro agio», spiega Carmelo, alcolista anonimo, «ma ha soprattutto un significato etico: i principi stanno al di sopra della personalità, e fra noi non esiste differenza sociale, culturare né di razza». Niente gerarchie, quindi, solo un?anzianità di sobrietà: chi si lascia la dipendenza alle spalle diventa cioè tutor di un?altra persona, presentandola alle riunioni e dandole il proprio numero di telefono per ogni esigenza di ascolto, anche di notte e nel weekend. Chi ritrova le forze a volte apre altri gruppi. Come Carlo 28 anni, che dopo aver detto addio al videopoker ha lanciato i Giocatori Anonimi a Torino: «Abbiamo anche tenuto un seminario con il Gruppo Abele», racconta, «qui ormai ci conoscono». A Bolzano, invece, gli ex di casinò e macchinette hanno creato scompiglio nella clinica del dottor Guerreschi, l?unica comunità italiana per malati d?azzardo: «Alcuni pazienti», racconta Carlo, «lo hanno accusato di usare esattamente il nostro metodo, ma con parcelle salatissime. Così se ne sono andati e hanno fondato il gruppo». Ed ecco il punto: il self-help è solo una bella pratica di solidarietà oppure, sotto sotto, è un attacco a psicologi, terapisti, Sert e Asl? «Che sia un movimento culturale, è fuor di dubbio», spiega Francesca Focardi, la psicologa che ha curato il monitoraggio della Fondazione Andrea Devoto. «Ma mentre nei Paesi anglosassoni questi gruppi si oppongono violentemente all?autorità degli specialisti, da noi è invece in atto l?osmosi con le istituzioni. A volte è proprio il terapeuta a introdurre il paziente nelle realtà di auto-aiuto». Ma è davvero possibile guarire solo parlandone? Non si rischia di entrare in un altro tunnel, quello della dipendenza dal gruppo? «Queste esperienze servono a mantenere l?astinenza», continua Francesca Focardi, «a uscire dall?isolamento, a scambiarsi informazioni. è vero che i gruppi hanno una mentalità assolutista: un alcolista, per esempio, rimane tale per tutta la vita anche se oggi è sobrio. Ma secondo me hanno ragione nella loro durezza. E poi, dipendere dal gruppo non è forse, semplicemente, un naturale desiderio di solidarietà?». Clara, intanto, dice di star bene. Così come Carlo, giocatore. E Albino e Carmelo, alcolisti. E Renée, debitrice, e Monica, nicotina-dipendente. Solitudini che s?incontrano. Hanno la loro letteratura, tradotta dai siti dei gruppi americani, i loro principi e nessun vincolo. Non si sono nemmeno costituiti in associazione perché il nome, chi lo registra in una combriccola di anonimi? Info: Alcolisti Anonimi 06/6636620, Giocatori Anonimi 349/3518772, gio.an-to@libero.it Nicotina Anonimi 0347/8931818, Overeaters Anonymous 02/4078803, Fondazione A. Devoto 055/2469055.


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