Welfare

Terapia genica per la SMA: un’opportunità ad accesso blindato

Da novembre sette bambini sono stati trattati con la innovativa terapia genica per la SMA1. L'Aifa però ha limitato l'accesso al farmaco solo per i bambini fino a 6 mesi. «Chiediamo ad Aifa di ampliare i criteri, in linea con altri Paesi in Europa, per non creare ingiuste disuguaglianze», dice Daniela Lauro, la vicepresidente di Famiglie SMA. «I dati relativi al trattamento di bambini fino a 13,5 kg sono stati publicati, che si apra almeno fino a quel peso, nelle more di vedere gli studi clinici fino ai 21 kg»

di Sara De Carli

Antonio ha 4 mesi e 8 giorni. I video di quando era appena nato, mamma Tiziana poi li ha riguardati decine di volte: i piedini e le gambe non li muoveva, le manine un po’ sì. In seguito ha smesso di farlo. È stata la pediatra, alla prima visita, ad accorgersi della sua ipotonia: «È nato di 4 kg, alla nascita ci hanno dimesso senza nessuna “allerta”, è il nostro primo figlio, ci sembrava che fosse soltanto un bambino pigro», racconta. Antonio è nato il 25 settembre 2020 e il 27 ottobre, quattro giorni dopo aver fatto la sua prima visita neurologica, è arrivata la diagnosi: «SMA 1.1, la più grave in assoluto. Così è iniziata la nostra avventura».

Antonio è il più piccolo dei sette bambini con atrofia muscolare spinale che in Italia sono stati trattati con la terapia genica (il nome commerciale è Zolgensma): una terapia innovativa, che promette di cambiare la vita dei piccoli pazienti. L’AIFA il 17 novembre scorso ha approvato un accesso anticipato alla terapia per i pazienti affetti da SMA 1 fino ai 6 mesi. A differenza delle altre due terapie esistenti per la SMA, arrivate anch’esse da pochissimi anni, quella genica interviene direttamente sul difetto genetico e viene effettuata una sola volta nella vita: gli studi clinici disponibili mostrano che un trattamento precoce permette ai bambini di raggiungere le tappe dello sviluppo motorie in maniera molto simile ai coetanei sani. Questo a fronte delle crescenti difficoltà che normalmente la SMA 1 comporta: la progressiva morte dei motoneuroni va a indebolire le capacità motorie, rendendo difficile compiere gesti quotidiani come sedersi, stare in piedi, controllare la testa, e nei casi più gravi anche deglutire e respirare, al punto che fino al 2017 la SMA era la prima malattia genetica per mortalità in età infantile.

Antonio ha fatto tre infusioni con Spinraza, la prima è stata il 29 ottobre, due giorni dopo la diagnosi: una settimana dopo, ha iniziato a muovere prima una mano, poi il braccio, poi l’alto. Le gambe no, ancora non le muove, se non un po’ i piedini. Poi è arrivata la terapia genica: Antonio è stato trattato il 12 gennaio, a tre mesi e mezzo. Vedremo più avanti se gattonerà e starà seduto come tutti… Preferisco avere una sorpresa dopo, che contarci troppo adesso. Per fortuna è piccolo. Queste terapie sono una grandissima opportunità

Tiziana, mamma di Antonio


Tiziana sa che la sua famiglia sta vivendo un momento storico. «Dobbiamo avere fiducia nella medicina, nella scienza e nella ricerca. Le cose stanno andando avanti, avere una diagnosi di SMA tre anni fa non è la stessa cosa di adesso, oggi non fa più così paura. Ci siamo messi a disposizione per raccontare la nostra storia per questo, perché la gente possa credere nella ricerca e contribuire». Antonio ha fatto tre infusioni con Spinraza, la prima è stata il 29 ottobre, due giorni dopo la diagnosi: una settimana dopo, ha iniziato a muovere prima una mano, poi il braccio, poi l’alto. Le gambe no, ancora non le muove, se non un po’ i piedini. «Ci hanno spiegato che la terapia è più efficace se inizia entro il 40esimo giorno di vita, noi l’abbiamo fatto al 34esimo, quasi al limite… Siamo rimasti tutti stupiti perché solitamente ci vuole un po’ più di tempo perché il bambino risponda alla terapia… si vede che Antonio aveva voglia di muoversi!». Poi è arrivata la terapia genica: Antonio è stato trattato il 12 gennaio, a tre mesi e mezzo di età. «La differenza con Spinraza è che la prima rallenta il decorso della malattia, mentre la terapia genica dovrebbe arrestarla completamente. Arrestare non significa debellarla, io non riesco a chiamarla cura, la chiamo sempre terapia, ma certamente è una rivoluzione perché in Antonio la SMA si è manifestata solo nell’aspetto motorio, per il resto respira in autonomia e prende il latte materno come tutti i neonati. Dal punto di vista motorio ho notato che regge molto meglio la testa e che adesso nel seggiolone sta dritto qualche minuto prima di accasciarsi… è anche vero che ha solo 4 mesi, lo vedremo più avanti se gattonerà e starà seduto come tutti. Ma preferisco avere una sorpresa dopo, che contarci troppo adesso. Per fortuna è piccolo. Queste terapie sono una grandissima opportunità».

Un’opportunità non per tutti, però. La possibilità di accedere alla terapia genica oggi in Italia c’è solo per i bambini con SMA 1 e solo fino a sei mesi d’età. Una scelta diversa da quella che hanno fatto altri Paesi: negli Stati Uniti infatti Zolgensma ha ottenuto il via libera nel maggio 2019 per trattare bambini fino a due anni e con peso fino a 21 kg mentre in Europa l’EMA ha dato solo una raccomandazione sui 21 Kg, senza indicare né l’età né il tipo di SMA. L’AIFA, invece, in attesa di autorizzarne l’uso, dal 17 novembre 2020 ha approvato un accesso anticipato alla terapia genica solo per i pazienti con SMA di tipo 1 e fino ai 6 mesi di età. Basta una diagnosi più tardiva per essere fuori, tanto che alcune famiglie in questi mesi hanno attivato raccolte fondi per pagarsi la terapia genica all’estero (Zolgensma ha un costo di circa 1,9 milioni di euro ed è stata subito ribattezzata dai media come “il farmaco più costoso al mondo”). Un percorso complesso e di difficile esito, in quanto la terapia genica non può essere comprata da un privato, può comunque essere somministrato solo a bambini con determinate caratteristiche cliniche e necessita di un’attenta e rigorosa assistenza medica nella somministrazione. Si tratta di 25/30 bambini in Italia oggi esclusi per età anagrafica dalla terapia genica, mentre dopo questo primo step iniziale, si stima che i nuovi nati con SMA1 che potrebbero essere trattati siano una ventina l’anno nel nostro Paese.

Un tempo la SMA1 era una malattia in cui anche un solo giorno poteva fare la differenza, io sono una mamma che ha purtroppo perso un figlio con SMA1, so quanto è prezioso il tempo. Ma oggi l’alternativa oggi non è più il nulla, questi bambini stanno comunque facendo un’altra terapia

Daniela Lauro

Famiglie SMA, l’associazione che in Italia rappresenta la comunità dei pazienti e le loro famiglie si appella ad Aifa, affinché faccia presto. «Chiediamo ad Aifa di ampliare i criteri di accesso al farmaco, in linea con altri Paesi in Europa, per non creare ingiuste disuguaglianze», dice Daniela Lauro, la vicepresidente. «A livello mondiale sono stati pubblicati dati relativi al trattamento di bambini fino a 13,5 kg ma non ancora fino a 21 kg: che si apra almeno fino ai 13,5 kg di peso, per cui i dati sono stati pubblicati, nelle more di vedere gli studi clinici fino ai 21 kg».

Famiglie SMA ha sempre creduto nella ricerca e nella comunità scientifica che in questi anni è riuscita a cambiare la storia naturale della malattia: «Le indicazioni dei medici che seguono la SMA da vent’anni per noi sono importantissime, la cautela sui 21 kg c’è per una ragione scientifica», prosegue Lauro. «Sarà la scienza a dare la risposta, non l’emotività. Nei trial si è visto che la terapia genica sui piccolissimi o suipresintomatici radicali consente uno sviluppo motorio analogo a quello di un bambino sano, quello che accade nei bimbi più grandi oggi non lo sappiamo. Non c’è una chiusura da parte di Aifa apertura, solo prudenza». E aggiunge che «nessuna delle tre terapie attuali è cura, tutte limitano il decorso della terapia e tutte vanno combinate con la presa in carico. Occorre avere pazienza, un tempo la SMA1 era una malattia in cui anche un solo giorno poteva fare la differenza, io sono una mamma che ha purtroppo perso un figlio con SMA1, so quanto è prezioso il tempo. Ma oggi l’alternativa oggi non è più il nulla, questi bambini stanno comunque facendo un’altra terapia».

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