Tempo di parate. E questo non è un gran bel segno dei tempi. La parata per la festa della polizia qualche settimana fa, inni, medaglie, luccichio di armi leggere. La parata militare in occasione della Festa della Repubblica il 4 giugno fortemente voluta dal presidente Ciampi, con il suo contorno fatto di frecce tricolori, tacchi che schioccano, esercito che sfila, politici che plaudono. Infine la festa dell?Arma dei carabinieri il 6 giugno con replica di tutti i simboli dell?orgoglio nazionale compreso il più classico dei presentatàrm. Il tutto condito da abbondanti libagioni di dirette televisive della tv di Stato. Non so che pensiero stia dietro a questo, a me pare patetico revival. Non so se attraverso il restauro di queste vecchie liturgie il presidente Ciampi pensi o speri di ridare contenuti a un?identità nazionale incerta e smarrita. A noi pare che le scommesse su cui ritrovare un?identità di popolo siano ben altre. Per esempio, bisognerebbe cominciare con il non buttare a mare il desiderio di servire il Paese, donando qualcosa di sé a chi ha più bisogno, di decine e decine di migliaia di giovani italiani. La riforma del servizio civile giace nei cassetti del Parlamento e il finanziamento di cui necessita la leva degli obiettori di coscienza è costantemente in affanno.
Tempo di parate anche per i gay. La querelle sul Gay Pride ha monopolizzato per due settimane il dibattito culturale e politico. Eppure la questione era abbastanza semplice. Deborah Oakley-Melvin, direttrice di World Gay, ente organizzatore della settimana mondiale del Gay Pride, era stata chiarissima: «Non aveva nessun senso fare la parata in Italia, un Paese che neppure con Mussolini ha mai avuto leggi di discriminazione contro le persone omosessuali. Ma a Roma, nel 2000, c?era il Giubileo… anche se non avremmo mai sognato tutta la pubblicità che ci hanno regalato il Vaticano e il sindaco di Roma». Ma il problema è proprio qui, il Gay Pride del prossimo 8 luglio è stato occasione per banali opportunità di marketing politico e di comunicazione pubblicitaria e non di riflessioni almeno vere, se non profonde. Del resto non può essere questa l?intenzione di chi organizza una parata per l?orgoglio gay con il loro apparato simbolico autolesionista, caricaturale e persino omofobo. Pecoraro Scanio non sarà d?accordo ma a me pare che la corsa a definire la propria identità, e di conseguenza i propri diritti, sulle proprie preferenze sessuali sia quanto di più barbaro e regressivo la storia abbia concepito. La propria identità si definisce in quanto persona intera, per questo si rivendicano interamente i propri diritti. Questo mi ha insegnato il mio più grande maestro, Giovanni Testori, un omosessuale tormentato. Come tormentato e inquieto deve essere ogni uomo in cerca di se stesso, sia esso omosessuale, eterosessuale, sposo fedele o amante indefesso. Ma oggi è tempo di parate e di orgogli che nulla hanno a che fare con la fierezza e la dignità dell?uomo.
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