Non profit

Telethon a forza 80

Non profit. La fondazione ha reso pubblici i suoi bilanci 2005 / 80 è la percentuale dei fondi raccolti che finisce alla ricerca.

di Francesco Maggio

Il successo di Telethon? Questione di numeri. Innanzitutto tre: 6, 14, 80. 6 è la percentuale di incidenza dei costi di gestione per ogni 100 euro raccolti; 14, quella relativa ai costi di raccolta; il resto, ben 80, è la percentuale destinata all?attività di ricerca scientifica, di cui: 44,3% per la ricerca esterna (progetti di ricerca e borse di studio); 49,6% per ricerca interna (con laboratori d?eccellenza come il Tigem, il Tiget, Tecnothon); infine, 6,1% per attività istituzionali quali l?istituzione di commissioni medico-scientifiche, l?organizzazione di convegni, l?ufficio scientifico. Ma i numeri, e più in particolare, quelli che indicano i soldi, di per sé direbbero poco, anche se nessuno in Italia ha mai raccolto in una sola volta, con una singola maratona televisiva benefica, ben 30,7 milioni euro (quella del dicembre 2005), ma nemmeno 29,5 milioni (dicembre 2004) oppure 27,8 (dicembre 2003) per stare a quelle più recenti. Se Telethon è diventato un gioiello della ricerca italiana, un modello di organizzazione non profit che ci invidiano all?estero, una case history di circuiti virtuosi attivabili tra media, finanza, industria, ricerca e terzo settore, evidentemente il segreto è in un mix di fattori vincenti. A cominciare dallo stile di gestione che contempera, per esempio, anche l?organizzazione di un evento pubblico ad hoc, per spiegare agli italiani come sono stati spesi fino all?ultimo centesimo di euro i fondi raccolti e quali progressi sono stati realizzati, grazie ad essi, verso la cura delle malattie genetiche: «Controllo, trasparenza ed efficienza», spiega Angelo Maramai, direttore amministrativo e finanziario di Telethon, «sono le parole chiave che descrivono lo stile di gestione di Telethon. Ogni anno elaboriamo un rendiconto delle attività svolte che documentano gli impegni e i risultati raggiunti e, inoltre, prima della raccolta fondi, pubblichiamo sui principali quotidiani un estratto dei bilanci in versione sintetica e divulgativa e, successivamente, il bilancio di missione con i principali traguardi ottenuti». Ma non basta. Qualcuno potrebbe obiettare che anche altri enti senza fine di lucro hanno intrapreso un cammino simile e che, tutto sommato, rendicontare come vengono spesi i soldi, è un obbligo. Vero. Però a Telethon hanno fatto un passo ulteriore: «I risultati che un?organizzazione non profit produce», sottolinea Maramai, «devono entrare sempre più in un?ottica di confronto e di benchmarking. Per questo abbiamo deciso di utilizzare indici di riconosciuta autorevolezza, elaborati da un?organizzazione americana che gestisce un sito dedicato al rating che è il servizio nazionale americano di valutazione che offre ai donatori la possibilità di conoscere l?efficienza, la capacità organizzativa e la situazione finanziaria degli enti non profit». «Charity navigator» conclude, «permette anche a un ente non profit di monitorare i propri risultati e di confrontarli con realtà simili. Noi abbiamo deciso di farlo». E adesso a chi tocca?


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