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Telefono Azzurro in campo: aperto il presidio per adolescenti e bambini
Una delle attività principali che Telefono Azzurro ha predisposto nei suoi presidi da campo nelle zone del terremoto è il gioco. Il gioco vero, non quello di cui anche in questi giorni hanno parlato gli sciacalli del gambling. «Attraverso il gioco i bambini possono capire quello che è successo e aprirsi a una volontà di ricostruzione», ci spiega il dottor Salerno
di Marco Dotti
Psicologo e psicoterapeuta, Giovanni Salerno lavora da 10 anni con Telefono Azzurro. Con l’associazione è arrivato ieri, per stabilire un presidio per l’emergenza per la tutela di bambini e adolescenti delle zone colpite dal sisma.
Da Amatrice – ci spiega – il presidio, in rete assieme, tra gli altri, a psicologi dell’emergenza e la protezione civile di Abruzzo, Lazio e Molise, monitorerà la condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nelle 4 principali tendopoli: Amatrice, Accumuli, Grisciano, Arquata e Pescara del Tronto. In tutto, una popolazione di circa 10 bambini a tendopoli.
«Purtroppo – ci racconta Salerno – un grosso numero di bambini è rimasto sotto le macerie, altri invece, essendo turisti, sono rientrati nella propria città di residenza o sono andati da parenti». Le fasce di età di questi 50 bambini sono ampie e Telefono Azzurro, ci spiega Giovanni Salerno, «sta lavorando proprio per restituire loro un po' di serenità, garantendo appoggio fisso su cui possono ripartire».
Una delle attività principali che Telefono Azzurro ha predisposto è il gioco. Il gioco vero, non quello di cui anche in questi giorni hanno parlato gli sciacalli del gambling. «Attraverso il gioco i bambini possono capire quello che è successo e aprirsi a una volontà di ricostruzione. I bambini fanno giochi simbolici della famiglia che va al supemercato, giocano a palla… Siamo in un grande parco giochi gestito dalla protezione civile e dare un momento di svago – per quanto possibile – e serenità a questi bambini è fondamentale».
Telefono Azzurro ha un grosso bagaglio di esperienza sul campo, maturata in un lungo lavoro con le popolazioni dell'Emilia, dopo il sisma del 2012, e dell'Aquila nel 2009 e ancor prima in Puglia.
Attraverso il gioco i bambini possono capire quello che è successo e aprirsi a una volontà di ricostruzione. I bambini fanno giochi simbolici della famiglia che va al supemercato, giocano a palla… Siamo in un grande parco giochi gestito dalla protezione civile e dare un momento di svago – per quanto possibile – e serenità a questi bambini è fondamentale.
Ricostruire col gioco (vero) il senso del legame
Chiediamo a Salerno perché il gioco è così importante, soprattutto ora. «Come ci ha insegnato Donald Winnicott [psicoanalista e pediatra inglese, autore del celebre Gioco e realtà, ndr] il gioco è l'attività più importante che si possa immaginare. Il gioco non è "un gioco", ma è una modalità di relazione e comunicazione col mondo. Gli adulti che non sanno giocare con i bambini, sono adulti che non sanno parlare con i bambini. I nostri operatori e i nostri volontari sono formati a usare il gioco, in queste situazioni di emergenza, a fini di ricostruzione. In qualità di ente accreditato dal ministero stiamo lavorando sempre più su questo tema. Stiamo inoltre lavorando per garantire, anche nell'immediato futuro, all'interno delle tendopoli, la possibilità di ripartire a breve con l'attività scolastica. Affinché la scuola possa essere un laboratorio per generare legame e valore».
Per questo, prosegue Salerno, «abbiamo dei laboratori specifici che facciamo nelle scuole affinché i ragazzi e i bambini coinvolti nelle attività, attraverso l'uso delle favole e attraverso l'uso di specifici giochi, permetta ai ragazzi di capire l'importanza di aiutarsi, del collaborare e del donare e del condividere». Perché è proprio questa la novità per questi ragazzi: trovarsi senza legami, ma «ritrovarsi in una comunità che li accoglie, che soffre, che gioca, che vive con loro. Non è un caso che molti adolescenti stiano diventando nostri volontari. Ci stanno supportando, trovano un modo per poter superare questa sofferenza».
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