Famiglia

Telefono azzurro, adesso rispondono i bambini

Svolta strategica dell'associazione. Parla il presidente Ernesto Caffo

di Maurizio Regosa

I minori non sono più soltanto “clienti”, «ma soggetti che hanno in mano il progetto e cercano, insieme a noi, delle risposte che siano funzionali ai loro interessi». Da qui l’attenzione sempre maggiore verso i social network e le nuove tecnologie Tre giorni per discutere come far sì che i bambini e gli adolescenti europei possano chiedere un aiuto o un consiglio, in ogni momento del giorno, sette giorni su sette. Il convegno è organizzato da Child Helpline International, network internazionale che raccoglie 160 linee telefoniche per minori e adolescenti attive a livello internazionale. «L’elemento chiave che caratterizzerà questo incontro», premette Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, «è la presenza dei bambini stessi, che partecipano, decidono, discutono. Non sono soltanto più i “clienti”, ma soggetti che hanno in mano il progetto e cercano, insieme a noi, delle risposte che siano funzionali ai loro interessi».
Vita: Il focus del convegno sono le nuove tecnologie?
Ernesto Caffo: Il nostro network, che fino a qualche anno fa era legato da una condivisione abbastanza informale di buone pratiche, si sta impegnando sempre di più – anche su mandato della Commissione Europea – sulle esperienze interessanti che danno una qualificata risposte alle esigenze dei bambini. E cercano nuove strade per cogliere i segnali di disagio dei ragazzi. Da qui l’interesse alle nuove tecnologie, ma anche a tutti i modi con cui comunicano gli stessi ragazzi, a cominciare dai social network.
Vita: In questo percorso si inserisce la creazione del numero europeo, il 116.111…
Caffo: In un certo senso un punto d’arrivo, cui le associazioni giungono da esperienze anche molto diverse. In questi ultimi anni ho trovato esperienze che sono cresciute moltissimo, partendo da realtà anche locali. Ovviamente l’obiettivo è quello di far sì che le richieste di aiuto siano captate sempre meglio, che siano soddisfatti quei bisogni non espressi in famiglia e che non trovano risposte nella società. Mancano servizi orientati ai ragazzi, mancano aiuti alle famiglie. Questo ha portato ovviamente le associazioni che si occupano di ascolto a formulare modelli sempre innovativi e sempre più ricchi di attenzione al minore come soggetto di diritto attivo. Molte volte i ragazzi stessi sono quelli che danno il maggior contributo.
Vita: Questo confronto sistematico prelude anche a un ragionamento per orientarsi verso modelli condivisi?
Caffo: Le modalità di presa in carico e di gestione dei casi sono sempre più partecipate. Una tendenza che vediamo maturata in questi ultimi anni. Essendo ascolto, è chiaro che è molto legato alla cultura nazionale. E molto dipende dal ruolo che progetti e associazioni svolgono all’interno della loro collettività. In questo senso ci sono diversità anche stimolanti. Realtà parapubbliche ed esperienze più legate al volontariato puro come Telefono Azzurro.

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