Cultura

Telefoni senza voce

Per alcune associazioni le campagne telefoniche garantivano più del 70% dei proventi.

di Benedetta Verrini

Con loro, il Wwf ha salvato le oasi. Airc ha consentito lo sviluppo di nuovi progetti di ricerca. Unicef ha combattuto la carestia in Niger. Msf ha inviato rinforzi ai tanti chirurghi impegnati su fronti d?emergenza. è difficile immaginare cosa sarebbero i progetti del non profit in Italia se dall?altro capo di un filo, ogni giorno, non ci fosse qualche potenziale donatore pronto a ?innamorarsi? di una causa e a sostenerla con il proprio denaro.
Secondo una recentissima ricerca Consodata, gli italiani che rispondono positivamente a un contatto diretto (cioè una telefonata, una mail o una lettera via posta) di una realtà sociale sono milioni. Al punto che almeno il 53% dei fondi raccolti per la ricerca medica, i diritti civili, l?assistenza ai disagiati e all?infanzia, l?ambiente e la cooperazione deriva direttamente da questo. Adesso, però, quella ?chiamata di solidarietà? rischia di restare muta.
Le nuove regole del Codice della privacy hanno infatti ridotto in modo significativo la possibilità di utilizzare la ?regina? delle fonti di nominativi, ovvero l?elenco telefonico. «Con la nuova regolamentazione», spiega Paolo Giganti, del Coordinamento marketing e responsabile promozione soci del Wwf, «è stato sostanzialmente invertito il modo di considerare i nominativi dell?elenco, che non sono più utilizzabili liberamente ma soltanto se l?utente dà un esplicito consenso al contatto». Questo ?consenso?, appunto, doveva essere espresso una volta per tutte in occasione della redazione dei nuovi elenchi 2005-2006: in febbraio, infatti, i gestori telefonici hanno inviato alle famiglie un fatidico questionario in cui esprimere la scelta di ricevere o meno, scritto testualmente,«pubblicità, promozioni, offerte commerciali, eccetera». «Purtroppo, noi siamo finiti in quell?eccetera», dice con amarezza Giganti. «Per estensione, è stata considerata pubblicità anche la comunicazione che parte dalle nostre organizzazioni per sensibilizzare l?opinione pubblica e raccogliere fondi».
Sembra quasi scontato dire che quasi nessuno, dei già pochi (solo il 20-25%) utenti che hanno restituito le informative, ha dato il consenso a ricevere pubblicità: le prime stime parlano di appena l?1% del totale, cioè 300mila italiani su 30 milioni di famiglie. Per il mondo della solidarietà si tratta di una vera ?stangata?, che crea serie difficoltà di programmazione dei progetti finanziati tramite le raccolte fondi. «Per il Wwf la percentuale di raccolta proveniente da marketing diretto è ancora più alta rispetto alle altre, circa il 73%», spiega Giganti. «La chiusura del file telefonico, come fonte, ci toglie una consistente possibilità di reperire nuovi sostenitori».
Perché se è vero che le associazioni hanno database estremamente aggiornati relativi ai loro sostenitori, è anche vero che questi archivi hanno un tasso rapido di ?invecchiamento?: «Qualcuno cambia casa e non ci comunica il nuovo indirizzo, qualcuno decide di sostenere altre realtà, altri si disperdono per vicende familiari. Nel volgere di pochi anni anche un grande archivio come quello di Unicef, che vanta circa un milione e mezzo di donatori, ha bisogno di essere rinnovato con nuovi contatti», spiega Luigi Pasini, responsabile raccolta fondi di Unicef Italia.
Il Garante della privacy, peraltro, con un intervento nel mese di maggio ha precisato che il non profit può comunque attingere contatti dagli elenchi elettorali. «Sì, è una piccola apertura», dice Giganti, «ma queste liste consentono solo il mailing e non anche il telemarketing. E poi, anche volendo usare solo il mezzo postale, siamo in presenza di un oggettivo impoverimento delle possibilità di contatto: le liste elettorali sono di difficile reperimento (in teoria ognuno degli 8mila Comuni d?Italia ha le sue e non risulta un lavoro sistematico di raccolta e di organizzazione) e comportano poi una difficoltà di elaborazione legata alla necessità di ricostruire i nuclei familiari».
Il lavoro di razionalizzazione rischia di essere quasi insormontabile per gran parte delle realtà del non profit: «Le liste elettorali rappresentano un insieme di dati estremamente indifferenziati: usando questi nominativi rischiamo di dover spendere di più, utilizzando risorse che potevamo incanalare diversamente, ottenendo risultati molto più bassi», spiega Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo d?oro.
«è vero», aggiunge Pasini. «Potendo utilizzare solo la banca dati elettorale anche Unicef ha deciso di ridurre l?investimento sul mailing: per la prossima campagna, invece di inviare comunicazioni a 3 milioni e mezzo, e più, di nominativi, ci terremo entro i 3 milioni. Infatti i costi della spedizione sono certi, ma il ?ritorno? in termini di raccolta proprio no. Non sappiamo nemmeno se riusciremo a coprire le spese».
Uno stato d?animo di diffusa preoccupazione aleggia tra le varie realtà del non profit. Per tutte, la richiesta è unanime: adottare il sistema preferito nel resto d?Europa, in cui si è fatto uno strappo alla regola generale della protezione individuale della privacy e, in nome dell?interesse collettivo, si è deciso che le organizzazioni di solidarietà potessero almeno realizzare un ?primo contatto? telefonico con i potenziali donatori.
Chi di loro non vuole più essere contattato, finisce su una lista di esclusione e non viene più disturbato, ma chi è interessato al sociale, può continuare a ricevere informazioni. «Se davvero il mondo del sociale è considerato una risorsa, e ad esso ormai vengono delegate tante funzioni di welfare», conclude Pasini, «almeno gli si dia modo di contattare direttamente gli italiani, di poter continuare a sensibilizzare e a fare cultura e mandare avanti i progetti».

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