Devo confessare che non ho ben capito le ripetute critiche, ironie e sarcasmi sulla proposta del Ministro per la Salute Balduzzi di tassare le bibite contenenti un’alta percentuale di zucchero.
A me, da profano, pareva una molto civile iniziativa per diverse ragioni.
In primo luogo è risaputo e notorio che l’aumento di malattie, un tempo circoscritte e poco diffuse, come il diabete e l’obesità (con le sue conseguenze cardiocircolatorie), sia strettamente legato all’uso e abuso di zucchero. Le bibite, ormai universalmente preferite all’acqua di rubinetto, ne contengono molto. Secondo un recente studio dell’Università di Harward (USA), sostituire le bibite zuccherate con acqua naturale, riduce del 7% l’incidenza di casi del diabete di tipo 2.
E la cura di questi mali, lunga e costosa, richiede molte spese alla Sanità pubblica, spese che potrebbero essere molto più intelligentemente utilizzate per curare mali non legati a usi edonistici superflui.
Ma, dicono i critici, la salute è un fatto personale e lo Stato non deve metterci becco.
Senza considerare che altri consumi, pur diffusi, come l’alcol e il tabacco, sono pesantemente tassati e che, se si vuole, anche l’obbligo delle cinture di sicurezza e del casco per i motociclisti costituisce un’ingerenza nella libera disponibilità della propria salute.
Molti detrattori sostengono infine che la misura del ministro Balduzzi “serve a far cassa”.
Un giudizio stupido come quello secondo cui le tasse sono una maniera di “mettere le mani in tasca agli italiani”. Si tratta di due posizioni incivili che non tengono conto del fatto che (a parte episodi purtroppo generalizzati di sprechi e corruttela) i soldi così raccolti servono a far funzionare scuole e ospedali, treni e tribunali.
Naturalmente, le critiche hanno fatto sospendere, per ora, la proposta, sostituendola con l’altra, non meno utile e raccomandabile, d’innalzare il contenuto di succo d’arancia (inspiegabilmente tenuto da decenni sotto il 12%) nelle aranciate, limitando l’uso di zuccheri e nel contempo dando una mano all’agonizzante comparto dell’agrumicoltura italiana.
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