Sostenibilità

Tartarughe in trappola

Proteggere la Caretta Caretta. Far crescere la prateria di Posidonia. Così si possono aiutare le specie a rischio sulle nostre coste.

di Redazione

Cosa si sta facendo nel nostro Paese per aiutare animali e piante che rischiano di scomparire? Ecco gli interventi a favore di quattro specie a rischio che figurano nella Lista Rossa del WWF.

Tartarughe
Il Mediterraneo è frequentato da tre specie di tartarughe marine, tutte considerate in pericolo, la più diffusa e abbondante delle quali è la tartaruga comune Caretta caretta. Varie le attività umane che minacciano questi animali.
Le loro spiagge di nidificazione vengono compromesse, a volte irrimediabilmente, da cementificazione e presenza dell?uomo indotte dal sempre crescente sviluppo turistico. A mare, invece, la minaccia più grave è data dagli attrezzi da pesca dai quali un gran numero di tartarughe viene catturato accidentalmente.
Sebbene non ospiti siti di riproduzione importanti per queste specie, l?Italia è in una posizione geografica centrale nel Mediterraneo, ha una notevole estensione di coste e si affaccia su aree marine considerate tra le più importanti dell?intero bacino per questi animali, come il golfo di Gabes in Tunisia e l?Adriatico settentrionale. Inoltre, la flotta di pesca italiana è una tra le più imponenti tra i Paesi mediterranei. Queste caratteristiche rendono l?Italia uno dei Paesi prioritari in cui attuare programmi di conservazione delle tartarughe marine del Mediterraneo e il WWF è attualmente impegnato verso questo obiettivo.

Paolo Casale

Pelobate
L?anfibio Pelobate fosco insubrico ha dimensioni comprese tra i 50 e i 58 millimetri; la sua colorazione varia dal marrone scuro al grigio perla, con puntini rossi e macchie più scure isolate o riunite in due strisce longitudinali. Depone da 1.200 a 3.400 uova contenute in un cordone trasparente e gelatinoso di dimensione variabile; la larva, talora di dimensioni superiori a 100 – 120 mm, è nera alla schiusa e bronzea all?inizio della vita attiva. Il Pelobate vive gran parte della giornata interrato in suoli soffici e sabbiosi, dove scava gallerie lunghe alcune decine di centimetri.
Emilio Cornalia ha descritto per la prima volta la specie nel 1873; fino al 1914 erano note circa 50 stazioni di presenza dell?anfibio in Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Ma poi è iniziato il suo declino: nel 1970 le stazioni si erano ridotte a 3, e solo di recente la specie è stata ritrovata in altre località. Il Pelobate insubrico resta dunque un animale raro e minacciato, probabilmente l?anfibio endemico italiano a maggior rischio di estinzione; le azioni di tutela, coordinate in gran parte dal WWF su tutto il territorio nazionale sin dal 1987, hanno portato alla realizzazione di centri di riproduzione, all?istituzione di un?oasi di protezione, al salvataggio di ovature, larve e adulti, all?ampliamento del Parco naturale della Valle del Ticino con l?inclusione dei siti riproduttivi, alla segnalazione all?Unione europea delle località di presenza della specie nella lista dei biotopi di interesse comunitario (Sic) nell?ambito del progetto Natura 2000 e alla segnalazione alla Regione Piemonte, nella quale questa specie risulta più abbondante, dei siti per l?inclusione nell?elenco dei biotopi regionali.

Stefano Petrella

Cetacei
Nel Mediterraneo sono presenti 12 specie di cetacei. Sulla base degli esemplari rinvenuti spiaggiati lungo le coste, la Stenella è la specie più comune nelle acque italiane.
Le principali minacce per questi cetacei sono rappresentate dagli attrezzi da pesca, in particolare le reti in cui finiscono impigliati con conseguenze spesso fatali, dall?inquinamento e dalle collisioni accidentali con i natanti. L?importanza di questi fattori varia però a seconda della specie.
Il WWF, insieme ad altre organizzazioni, ha promosso l?istituzione del Santuario internazionale per i cetacei nel Mar Ligure. Quest?area è estremamente importante: basti pensare che ospita circa un quarto degli esemplari di balenottera comune di tutto il Mediterraneo occidentale.
Il WWF è attualmente impegnato nella raccolta di informazioni sulla presenza di cetacei nelle acque italiane tramite campagne di avvistamento nell?area del Santuario e di monitoraggio degli spiaggiamenti lungo le nostre coste.

Paolo Casale

Poseidonia oceanica
I n estate molti bagnanti si lamentano per le spiagge sporche di alghe. In realtà, quei cumuli di materiale vegetale che le mareggiate portano sulle nostre spiagge sono una pianta vera e propria con tanto di radici, fusto e foglie, ovvero fanerogame. La Posidonia oceanica è una delle quattro fanerogame spontanee del Mediterraneo che forma un habitat peculiare del nostro mare: la prateria di Posidonia.
Questa specie svolge un ruolo fondamentale nei sistemi costieri, ed essendo sensibile al degrado ambientale, è oggi oggetto di notevole interesse per la tendenza alla progressiva riduzione. Questo ecosistema marino costituisce un ambiente indispensabile per la riproduzione e protezione di organismi che sono alla base di una catena alimentare dalla quale dipendono anche pesci e cefalopodi pregiati per l?economia umana.
Pochi sono gli organismi che si cibano direttamente delle foglie di Posidonia, come il riccio Paracentrotus lividus o il pesce Sarpa salpa, a causa di alcuni composti chimici e all?elevato contenuto di cellulosa che rende le foglie poco appetibili. Sono però moltissimi quelli che si nutrono degli epifiti (batteri, micro e macroflora) delle foglie e dei rizomi. Inoltre, i residui disgregati sono fonte di alimento per tutti gli organismi detritivori (che decompongono le sostanze organiche). Queste semplici considerazioni mettono in evidenza la valenza ecologica di una specie la cui salvaguardia interessa direttamente attività economiche legate al turismo e alla pesca.

Fabrizio Bulgarini

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