Non profit

Tarso, da Porto Alegre a porto Battisti

La parabola dell'ex sindaco no global, ora ministro della Giustizia di Lula

di Paolo Manzo

Era stato il politico bandiera del primo Forum sociale. Poi ha fatto una rapida carriera politica.
E a Belém si è presentato come paladino
dell’ex terrorista.
Con motivazioni
un po’ pretestuose
Il Forum sociale mondiale che ha chiuso i battenti a Belém conosce molto bene e deve qualcosa, se non altro dal punto di vista logistico-amministrativo, a Tarso Genro, il ministro brasiliano della Giustizia nell’occhio del ciclone per avere concesso lo status di rifugiato politico a Cesare Battisti. Il motivo è molto semplice. Quando nel 2001 fu lanciata l’idea di «un altro mondo possibile», lo slogan della prima edizione del Forum, Genro era sindaco di Porto Alegre, la città simbolo del movimento alteromondista. Da allora è passato molto tempo, e i temi che all’epoca sembravano solo del Forum – la salvaguardia dell’ambiente, i problemi climatici, la crisi del sistema neoliberista senza controlli soprattutto nel settore della finanza, la democrazia partecipativa, la salvaguardia dei diritti umani, ecc – oggi sono nell’agenda politica di ogni governo che si rispetti e del Forum economico mondiale di Davos.
Tra gli inventori del bilancio partecipativo quando era sindaco della sua città, prima ex guerrigliero ed ex poeta, “petista” (da PT, Partito dos Trabalhadores, il partito fondato da Lula e dal padre nel 1980) della prima ora, dopo la prima edizione del Forum Genro ha scalato i gradini del potere in Brasile, diventando ministro dell’Educazione nel primo governo Lula e, nel secondo, ministro della Giustizia.
Subito dopo, Porto Alegre veniva persa dal PT, ragion per cui il governo federale, che garantisce gran parte dei fondi per organizzare il Forum, ha scelto di lasciare quella sede storica. Comunque, Gentro è tornato al Fsm e per ricevere un po’ di applausi – a Belém c’è stata anche una conferenza in solidarietà di Battisti e della decisione del ministro di considerarlo un rifugiato – non ha trovato di meglio che confrontare l’Italia di oggi, a suo dire «ancora immersa negli anni di piombo», con l’avanzatissimo Brasile dove ogni giorno, solo a Rio, vengono uccisi 17 esseri umani ma che, sempre a suo dire, «è assai più avanti» perché ha fatto i conti con il passato, varando una legge di amnistia sui delitti commessi durante l’ultima dittatura militare (1964-1985). Strano che, essendo ministro della Giustizia, si sia dimenticato del processo in corso a Roma, connesso al Plan Condor e che indaga sulla morte di un italo-brasiliano e due italo-argentini uccisi durante il regime militare nel Paese del samba.


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