Volontariato
Tariffe postali, quale vittoria?
Ridotti i costi, ma la battaglia non è finita. Perché adesso il non profit paga come le aziende. Ma merita di più
Tariffe postali ridotte sì, ma non quanto dovrebbero. E' questa la situazione, in sintesi, in cui il non profit si trova dopo due anni di battaglie per veder riconosciuto il diritto a sconti per gli invii postali. Nonostante un comunicato congiunto di Aism e Unicef, diffuso ieri, in cui si "accoglieva positivamente l'approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge di conversione del decreto legge sull'editoria" che fissa le tariffe per il non profit a 0,11 euro a invio, anche tra le fila delle stesse organizzazioni non tutti sono soddisfatti.
Il primo a gettare acqua sul fuoco degli entusiasmi è Paolo Giganti, responsabile raccolta fondi dell'AISM, l'associazione che fin dall'aprile del 2010 ha coordinato la delegazione no profit impegnata in questo tema: "E' vero, questo ddl mette fine ad oltre 2 anni di grande incertezza e di forti aggravi di costi postali per le nostre organizzazioni, ma non basta, perché il non profit chiede con forza di avere comunque un trattamento di favore e di non essere equiparato agli editori profit".
Il ragionamento di Giganti si basa sui numeri: prima del 31 marzo 2010 ogni invio costava alle associazioni 0,05 euro. Da un giorno all'altro però queste agevolazioni vennero arbitrariamente abolite, e le associazioni furono assoggettate a tariffe molto più alte; tra proteste, correzioni, decreti e circolari si arrivò alla tariffa in vigore fino a pochi giorni fa, ovvero 0,28 euro. Un costo davvero insostenibile per il mondo delle organzzazioni senza fine di lucro, e che il governo ha accettato di modificare. Si torna dunque ai 5 centesimi di prima? Macché: il governo ha deciso di equiparare il non profit al profit, quindi da oggi inviare una copia del bollettino associativo costa 0,11 euro. Meglio di 0,28, ma non si può certo parlare di tariffe agevolate, se l'associazione Arcobaleno deve sborsare esattamente quanto è chiesto a Mondadori, Rizzoli o Rcs.
"La battaglia non è affatto conclusa", chiosa dunque Paolo Giganti. "Ora speriamo di poter individuare, con la collaborazione delle autorità più sensibili, un almeno parziale vantaggio tariffario per noi che operiamo per cause di solidarietà e senza fini di lucro, e che non ci stiamo a essere trattati esattamente alla pari degli editori profit". Le associazioni che diedero vita alla campagna di protesta del 2010 si sono dunque date appuntamento già nelle prossime settimane per cercare di ottenere condizioni di maggior favore, che consentano all'Italia di non considerare questo settore alla stregua di quello commerciale.
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