«Il decreto interministeriale del 30 marzo 2010 ha modificato il contesto normativo di riferimento delle spedizioni postali relative al settore editoria stabilendo l’applicazione delle tariffe agevolate fino al 31 marzo 2010. Pertanto successivamente a tale data alle spedizioni editoriali saranno applicate le tariffe non agevolate previste per ciascuna tipologia di spedizione». Queste sono le prime righe della comunicazione che Poste Italiane (un’azienda, al 65% del Tesoro, che nel 2009 ha realizzato un utile di 904 milioni…) giovedì 1° aprile ha fatto pervenire alle associazioni. Una comunicazione imbarazzata nella quale manca il coraggio di scrivere i numeri: infatti la caduta delle agevolazioni significa una quintuplicazione delle tariffe per le spedizioni postali. Da una tariffa di 0,05 per invio si passa a 0,283. Tutto questo deciso il 30 marzo e messo in Gazzetta il 31 marzo. In due giorni, con una leggerezza che non tiene assolutamente conto delle ricadute che questa decisione ha sulla vita delle organizzazioni, senza averle messe nelle condizioni, non si dice di discutere, ma neppure di pianificare strategie diverse di fronte a condizioni radicalmente mutate.
Naturalmente non ci daremo per vinti: già sono molte centinaia le firme raccolte dalla petizione lanciata su Vita.it. Addirittura contiamo che dal momento in cui Vita va in stampa al momento in cui arriva tra le vostre mani, qualche ravvedimento ci sia stato da parte del governo. Ma comunque vadano le cose, qualche riflessione di fronte a questa decisione sconcertante va comunque fatta.
Ancora una volta la politica ha dimostrato di guardare al non profit senza avere nessuna percezione della portata economica, oltre che evidentemente sociale, che il non profit ha. E questo con una visione schizofrenica e ultimamente distruttiva che da una parte concepisce un dispositivo importante come il 5 per mille (diamo a Cesare quel che è di Cesare…), poi lo rende ogni volta un percorso incerto e tormentato e alla fine lo azzoppa facendo diventare onerosissimo il contatto con i propri potenziali sostenitori. È davvero difficile decifrare quale logica ci sia dietro scelte di questo tipo, se non una prepotenza di chi pensa che il non profit sia alla fine qualcosa di accessorio, di cui si può anche fare a meno in tempi di magra. Certo, si può venire ingannati da quella parola “agevolazione” che suona come un privilegio, come una gentile e generosa concessione. Quindi rimovibile senza che gli interessati se ne possano troppo lamentare. In realtà l’agevolazione è un dispositivo a cui, chi lo stabilisce, riconosce un’utilità diffusa e collettiva. Godono del resto di tariffe agevolate anche i partiti per le campagne elettorali: per le ultime hanno spedito i loro materiali alla tariffa stracciata di 4 centesimi di euro. L’agevolazione non è una regalìa. È uno strumento per rendere più agevole l’azione di chi, operando nel sociale, garantisce un beneficio che ha ricaduta collettiva. È quindi un segnale davvero drammatico questo che la politica dà, permettendosi arbitrariamente di distruggere queste dinamiche senza rendersi conto del danno che provoca.
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