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Tariffe alte, investimenti zero. Sulle Autostrade, un ingorgo di utili

La denuncia viene dal Nars, un comitato tecnico che valuta gli aumenti delle tariffe. Un esperto del Politecnico rincara la dose.

di Ida Cappiello

Quest?anno il governo non ci sta. Il Cipe, l?organismo interministeriale che controlla i prezzi dei servizi pubblici, non vuole aumentare le tariffe autostradali, anzi dice che dovrebbero diminuire: l?azienda ex pubblica, oggi in mano al gruppo Benetton, guadagna già troppo. Nel gergo degli economisti si chiamano extraprofitti: utili superiori a quelli ritenuti normali in un determinato settore industriale, a livello mondiale. E non di poco, circa il 50% in più della media. La valutazione arriva dal Nars – Nucleo di attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità, un comitato tecnico che supporta il Cipe nelle decisioni sui prezzi. Per chi non lo sapesse, precisiamo che il contratto Stato – Autostrade prevede ogni anno l?aumento dei pedaggi, e secondo Altroconsumo, dal 2001 le tariffe sono cresciute in media del 9,3%.
Quanto guadagna Autostrade? Un?occhiata al bilancio al 30 settembre 2003, l?ultimo disponibile, riporta l?utile della gestione nei primi nove mesi: 490 milioni di euro a fronte di poco più di un milione di euro di ricavi, una cifra da brivido anche per un lettore inesperto. “Profitti, in buona sostanza, monopolistici e dunque ingiustificati”, dice il professor Marco Guido Ponti, docente di economia al Politecnico di Milano e per diversi anni membro del Nars. Autostrade si è sempre difesa sostenendo che i pedaggi in Italia sono più bassi che all?estero. I profitti però derivano dai ricavi meno i costi, non occorre essere economisti per saperlo”. E i costi sono, per un?azienda del genere, soprattutto investimenti: cosa che Autostrade non fa da anni, visto che l?infrastruttura è rimasta sostanzialmente invariata.
L?unica opera significativa è la tormentatissima variante di valico, il raddoppio della Bologna-Firenze, ai nastri di partenza. I ricavi, invece, sono in crescita per l?aumento degli automobilisti in transito. Tutto ciò significa extraprofitti accumulati negli anni che, anche se dovesse spuntarla il governo sulle tariffe future, resterebbero comunque all?azienda. Che, in realtà, ha promesso di fare finalmente gli investimenti trascurati in passato. “Il problema è che Autostrade può decidere arbitrariamente, senza controllo, il costo degli investimenti da fare”, continua Ponti. In un settore così importante come le infrastrutture per la mobilità ci vorrebbe un?Authority. Ma le pressioni in contrario sono fortissime; il Nars è un organismo semisconosciuto con soli poteri consultivi e un organico ridottissimo, sprovvisto di qualsiasi potere sanzionatorio e al quale è addirittura vietato di comunicare all?esterno.
Questo è il frutto dell?anacronistica situazione di monopolio, tuttora inattaccato dalla cosiddetta privatizzazione, unito a una rete inestricabile di conflitti di interessi dovuto a una presenza dello Stato ancora pesante nel sistema (ad esempio controlla l?Anas, l?azienda che rilascia le concessioni ad Autostrade, ed è proprietario dell?infrastruttura fisica). “Per aumentare il livello di concorrenza basterebbe cambiare il sistema delle concessioni”, conclude Ponti. “Accorciarne la durata e indire gare trasparenti aperte a nuovi operatori, anche solo per la manutenzione. Invece finora i rarissimi casi di gare hanno sempre visto Autostrade uscire vincitrice, e in un caso addirittura acquistare, dopo pochissimo tempo, l?azienda che aveva vinto “.

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