Cultura

Tanovic, la guerra è una tragedia ridicola

Un regista esordiente racconta il conflitto dei Balcani visto da due antieroi.

di Antonio Autieri

Appena uscito nei cinema, è in circolazione un film che ha fatto gridare al capolavoro. No man?s land, esordio del trentaduenne regista bosniaco Danis Tanovic, ha sorpreso tutti all?ultimo festival di Cannes dove ha conquistato il premio per la miglior sceneggiatura. Riconoscimento sorprendente per un giovane talento al suo debutto (oltre alla regia, ha scritto e anche musicato il film).
Il film è frutto di una coproduzione internazionale: ci sono anche gli italiani Rai Cinema e Fabrica Cinema e l?importante casa di produzione francese Noè Production, già realizzatori di Prima della pioggia di Milcho Manchevski, che affrontava il rischio di guerre civili nei paesi balcanici e in particolare in Macedonia. Proprio i produttori francesi Frédérique Dumas Zajdela, Marc Baschet e Cedomir Kolar sono stati all?origine del progetto. «Dai tempi di Prima della pioggia», sostengono,«cercavamo un progetto che dicesse qualcosa sull?assurdità delle guerre e sul destino della ex Jugoslavia. E nel 1999 Danis ci ha mandato la sua sceneggiatura». No man?s land, infatti, racconta la guerra in Bosnia vista da un giovane bosniaco che non vuole puntare il dito contro una parte (e colpisce questa scelta, se pensiamo alla sua nazione così calpestata ), ma contro ogni forma di violenza.
L?ambientazione è nel 1993, mentre infuria una guerra che mette una contro l?altra anche persone che hanno sempre convissuto. Lo specchio d?azione è una trincea abbandonata in una zona denominata ?terra di nessuno? (che spiega il significato del titolo). Bloccati tra le due linee nemiche, un soldato bosniaco e uno serbo si fronteggiano armati, si propongono deboli tregue che durano poche ore, si scambiano accuse reciproche su quale etnia abbia iniziato per prima la guerra e su chi abbia ragione. Mentre un altro soldato, anch?esso bosniaco, dopo lo scoppio di una bomba nella stessa trincea si sveglia con una mina sotto la schiena: se si muove, moriranno tutti e tre. La situazione, paradossale, spinge i soldati nemici ad affrontare insieme la situazione, ma ogni tentativo di fraternizzare è vano (il serbo vorrebbe presentarsi, dire il suo nome, stringere la mano, ma ottiene un secco rifiuto). E intanto il generale delle forze Onu nella zona perde tempo, si disinteressa dell?allarme ricevuto. Solo un soldato francese vorrebbe risolvere lo spinoso caso e salvare i tre, con l?aiuto di un giornalista in vena di scoop.
Il tono non è drammatico, anzi: fioccano le battute e le gag in un film scoppiettante, ricco di fantasia dal punto di vista della storia e a tratti divertente. Ma il sottofondo è tragico e si intuisce dove si andrà a parare alla fine. «Ricordo lo strano sentimento che ho provato quando è scoppiata la guerra», ha dichiarato Tanovic, «una sensazione di impotenza. Nel film ho mostrato lo shock provato: da un lato una natura perfetta con colori intensi, dall?altro la tetra follia degli uomini. L?odio è contro natura».
Tanovic, che sceglie volutamente come protagonisti antieroi di una guerra che non hanno voluto, non appoggia una fazione ma neppure nasconde la realtà: «Non nego la responsabilità delle atrocità commesse. Ma ho voluto alzare una voce contro tutte le guerre». Tanovic è di religione musulmana e il suo film non può non far pensare anche all?attuale momento: «I musulmani rischiano di pagare un odio collettivo: spero che non accadano guerre di religione».

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