Formazione

Tango, quasi uno stile di vita

Non è un fenomeno turistico. Per essere accettati bisogna entrare nella Buenos Aires più nascosta, parlare il lunfardo, rispettare regole non scritte. Tra silenzi e sguardi

di Redazione

Erano i primi anni del Novecento quando il tango viveva il suo più grande momento di fulgore mondiale. La rapida diffusione in Europa della sensuale danza creola era ostacolata dai vescovi, che sovente ne imposero la censura. In questo momento di successo e di crisi, in aiuto al tango vennero ben due Papi. Rispondendo alle pressioni dei vescovi europei, Pio X e quindi Pio XI sottoposero il tango a un severo esame. In entrambe le occasioni il ballo fu assolto e la Chiesa non oppose formale resistenza alla sua pratica. L?operazione che non riuscì ai vescovi di mezza Europa riuscì perfettamente al rock?n?roll che nella decade del 60 relegò il tango nel dimenticatoio e nelle balere di periferia. Oggi, dopo tanti anni di oblio, le vecchie sale da ballo ricominciano ad animarsi. Il tango si è tolto di dosso l?odore triste di balera e i suoi cliché fatti di brillantina e rosa tra i denti. È rinato come un esteso fenomeno globale. In giro per il mondo un numero crescente di fedelissimi cultori hanno fatto della danza sensuale-malinconica uno stile di vita e una bandiera. I giovani adepti, che alternano lezioni di tango al tai-chi, all?omeopatia e alla dieta macrobiotica, si trovano disorientati quando a Buenos Aires si trovano gomito a gomito con gli attempati ballerini che per anni hanno custodito il ballo, incuranti delle mode. È un incontro-scontro tra culture che procura ai nuovi arrivati qualche scossa ma che gli regala un?eleganza allo stesso tempo vecchia e nuova. «Mi Buenos Aires querido» «Mia cara Buenos Aires», cantava Carlos Gardel, cantante e icona internazionale del tango, celebrando il suo amore profondo per la città e i suoi luoghi. Le storie del tango prendono vita in Recoleta, Avenida Corrientes, Camminito e Almagro, vie e quartieri oggi ancora presenti sulla mappa della metropoli sudamericana. Apprendere il tango significa entrare in questa topografia che è allo stesso tempo poetica e concreta. Poi bisogna imparare la lingua di Buenos Aires, il lunfardo, parlata segreta della malavita e dei tangueri. La guita, come in cento tanghi, continua a indicare il danaro, il tarrudo è una persona fortunata e chi sparisce quando arriva il conto continua a tomarse l?aceite. Il lunfardo, pieno di espressioni dialettali italiane, è particolarmente espressivo quando condensa in una parola relazioni tra persone o aspetti del carattere. Un cadenero è l?uomo che tiene la moglie sottomessa, in catene, il chantapufi è chi contrae un debito che sicuramente non pagherà, il despelotado la persona piena di complicazioni, incapace di ordine mentale e l?otario è il tonto, il bonaccione di una certa età che si fa engrupir (ingannare) da una giovane e bella, saldamente aggrappata al suo portafoglio. E così alla milonga (serata di ballo tanguero), il lunfardo delle canzoni si mescola e confonde con quello delle chiacchiere fatte sottovoce, per non disturbare i ballerini. Le battute sono sporadiche e argute, piene di un umorismo secco del quale si sorride e mai si sghignazza. A lato della pista si incontra una città colta e conciliante, che coltiva nello scambio di parole un rito e un irrinunciabile piacere quotidiano. Le parole però si diradano quando si balla o quando ci si appresta a danzare. Il tango è un ballo silenzioso, che cancella la parola, è una dialogo ritmico fra corpi. Uno dei tanti riti del tango è quello dell?invito che spetta all?uomo e che avviene appunto senza parole, catturando per un istante lo sguardo della donna, che acconsente con un cenno leggero della testa. I nuovi arrivati devono apprendere delle regole che sono come il ritmo del tango, difficile da assorbire, ardue da sentire profondamente. È un ballo molto intimo. Per questo l?approccio, la cortesia sono importanti, sono la soglia che si supera per porsi in una relazione intima con un?altra persona. Se questa intimità non nasce, il tango non c?è, diventa una potenzialità e un?astrazione. L?integrazione di una nuova persona in una sala da ballo prende tempo, tutti devono farsi un idea di chi è, il novellino deve alimentare per qualche settimana i commenti dei più esperti. Non è permesso parlare troppo agli habitué di una milonga, che nella sala da ballo godono di uno status superiore. A loro spetta la scelta del partner, dei tavoli migliori e una certa accondiscendenza da parte dei gestori del locale. Non è consigliato ballare troppe danze consecutivamente con la stessa persona o fare sfoggio di passi complicati. All?inizio si balla quasi camminando ?ascoltando? il ritmo mutevole delle diverse melodie, connettendosi il piùpossibile con il partner. Terapia ed eleganza Non si può negare l?essenza terapeutica del tango, il suo lato più moderno. Il tango è diventato oggi quasi un prolungamento della psicanalisi, una forma fisica dell?esplorazione di se stessi, un modo per definire fragili identità nelle cangianti metropoli postmoderne. Questo bisogno di identità, così tipicamente moderno, ha sicuramente dato impulso alla crescita di un movimento globale di tangueri che ha trovato a Buenos Aires la sua capitale. E questa li accoglie con una certa titubanza, non è una città che si svende ai turisti. Ha i suoi ritmi, si prende il suo tempo per conoscere i nuovi venuti e lo fa senza aggredire o bandire. Nel suo sanctum milonghero ci si entra per gradi, mostrando rispetto per dei codici non scritti, una certa gentilezza dello spirito che alcuni chiamano civiltà. Questi codici che forse appartengono ad un?altra epoca (e ci fanno sorridere) svolgono egregiamente la loro funzione, quella di rendere lo straniero un amico senza troppo turbare.


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