Responsabilità di impresa
Talco, tumori e tribunali: J&J paga 700 milioni ma ne prepara 6.400
Il colosso da 350 miliardi di dollari di fatturato è pronto a pagare i 61 mila consumatori che hanno fatto causa, ma serve il 75% dei sì. Il 26 luglio la decisione. Nei prossimi 25 anni, si prevede di pagare 6,4 miliardi
di Alessio Nisi
Il colosso farmaceutico americano Johnson & Johnson pagherà 700 milioni di dollari per risolvere la controversia, legata al suo talco, accusato di essere cancerogeno, aperta da 42 stati degli Stati Uniti e da Washington Dc sulla commercializzazione del suo Baby Powder e altri prodotti a base di talco, accusati di causare il cancro. La compagnia secondo le accuse avrebbe ingannato i consumatori facendo loro credere che i suoi prodotti a base di talco (in commercio per oltre un secolo prima di essere ritirati) fossero sicuri.
Ma l’accordo da 700 milioni di dollari è solo uno dei passi intrapresi da Johnson & Johnson per risolvere il contenzioso legato al talco. L’azienda ha proposto un altro accordo (QUI i dettagli), da 6,4 miliardi di dollari in 25 anni, per risolvere la maggior parte delle cause pendenti: parliamo di 61 mila querelanti. «Per la risoluzione completa e definitiva di tutte le rivendicazioni attuali e future» di chi accusa il talco della società di provocare il cancro ovarico (le cause legali che riguardano il talco e il cancro ovarico rappresentano il 99,75% delle cause pendenti contro Johnson & Johnson e le sue affiliate negli Stati Uniti). «Le rimanenti cause legali pendenti per lesioni personali riguardano il mesotelioma e saranno affrontate al di fuori del Piano», ha spiegato la società.
Un piano da convalidare
Il piano sarà però convalidato se il 75% dei ricorrenti lo accetterà. La società farmaceutica, che ha sempre dichiarato che il suo talco non contiene amianto, è impegnata da mesi in un vero e proprio scontro con gli avvocati che si oppongono al terzo tentativo di risolvere le cause legali tramite una contestata manovra del tribunale fallimentare. Dopo due tentativi respinti da parte dalle corti federali, infatti il gigante sanitario sta infatti tentando di nuovo di porre fine alla causa con un “Texas two-step”. La manovra prevede di scaricare la sua responsabilità per il talco su un’azienda sussidiaria di nuova creazione, che poi dichiarerà il “Capitolo 11” ossia il fallimento. L’obiettivo è di usare il procedimento per costringere tutti i querelanti a un accordo, senza richiedere alla J&J stessa di dichiarare bancarotta.
Il 26 luglio è la data in cui ci sarà la votazione determinante sulla richiesta di bancarotta della società, che porrebbe un limite alla sua responsabilità e istituirebbe un fondo per pagare le vittime. La società ha però bisogno dei voti del 75% dei ricorrenti per far sì che la sussidiaria possa chiedere a un giudice fallimentare di imporre l’accordo agli stessi ricorrenti.
Due nuove società.
J&J è solo una tra alcune grandi aziende che hanno provato questa mossa, che cerca di risolvere un contenzioso di massa nei tribunali fallimentari senza esporre la società citata in giudizio alle conseguenze del “Capitolo 11”, che può includere il danneggiamento del suo valore di mercato e del suo rating creditizio. La strategia prende il nome da una legge del Texas che consente la manovra permettendo ad una società legalmente in pericolo di dividersi in due nuove società: una per assorbire la responsabilità e cercare la protezione dal fallimento, l’altra per continuare con le attività come al solito.
Intanto l’Oms inserisce il talco fra le sostanza “potenzialmente cancerogene” come il glisofato, il Ddt e la carne rossa (leggi).
In apertura foto di Leighann Blackwood per Unsplash, nell’articolo foto di Jeff Chiu/Ap/LaPresse.
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