Politica
«Taglino gli altri».la rivolta di scotti Il sottosegretario agli Esteri dice a «Vita» che la partitadei fondi per l’aiuto allo sviluppo non è chiusa. «Si deve rimediare alle sforbiciate del Dpef» di Costantino Coros
Cooperazione Una voce controcorrente nel governo
di Redazione
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«Stiamo raschiando il fondo del barile». Così Vincenzo Scotti, sottosegretario al ministero degli Affari esteri, si è espresso in merito ai tagli agli aiuti allo sviluppo previsti dal documento di programmazione economica e finanziaria. Se le previsioni saranno confermate, nel capitolo della prossima Finanziaria dedicato ai fondi della cooperazione ci sarà solo una somma pari allo 0,10% del Pil. Il sottosegretario, intervistato da Vita a margine dell’incontro organizzato da Link2007 – rete che rappresenta alcune tra le principali ong italiane – sul raggiungimento degli obiettivi del Millennio, spiega come stanno le cose.
Vita:Che cosa sta facendo il governo sulla partita dei fondi?
Vincenzo Scotti:Sta cercando di porre rimedio ai tagli previsti dal Dpef. Dobbiamo aumentare le dotazioni per la cooperazione e aprire in Parlamento una discussione per capire dove prendere questi fondi. L’attuale classe politica deve affrontare il nodo di come reperire i fondi senza spendere di più. Se la priorità è la cooperazione allo sviluppo, bisogna tagliare da altre parti, perché la situazione di finanza pubblica non cambierà a breve e dunque vanno fatte delle scelte. Per questo secondo me il dibattito parlamentare deve essere pubblico, i cittadini devono sapere, perché in ballo c’è anche una prospettiva culturale da cambiare. Si deve ragionare in un’ottica mondiale e non solo locale.
Vita: Allo studio c’è qualche proposta alternativa che vada oltre l’intervento diretto dello Stato?
Scotti: Il ministro Frattini ha proposto di coinvolgere le imprese che lavorano all’estero e le fondazioni bancarie, per avere fonti alternative di finanziamento allo sviluppo.
Vita: Gli aiuti di Stato sono solo una parte della politica di sviluppo…
Scotti: Certo, la questione degli aiuti di Stato va collocata all’interno di una più generale politica di sviluppo. Non è stato un caso che durante l’ultimo G8, in Giappone, molti capi di Stato africani abbiano chiesto ai Paesi industrializzati di investire nello sviluppo nel suo insieme: commercio, investimenti diretti, cooperazione industriale e commerciale, trasferimento di tecnologie. C’è poi la necessità di coinvolgere altri partecipanti allo sforzo per il raggiungimento degli obiettivi del Millennio, come per esempio le cinque potenze emergenti: Cina, India, Messico, Brasile e Sud Africa. Queste nazioni insieme possono svolgere un ruolo strategico nella cooperazione Sud-Sud, importante quanto quella Nord-Sud.
Vita: Cosa intende fare l’attuale maggioranza in merito alla riforma della legge 49/87 sulla cooperazione italiana?
Scotti: Credo che oltre a una riforma “di architettura” della cooperazione ci siano anche problemi urgenti da affrontare. Uno è la sempificazione delle procedure e di alcune vie d’intervento, in modo da applicare le raccomandazioni dell’Agenda di Accra, in Ghana, dove dal 2 al 4 settembre si è svolto il terzo Forum sull’efficacia degli aiuti. In tale occasione i Paesi in via di sviluppo si sono impegnati a prendere il controllo del proprio futuro, e quelli donatori a coordinare meglio gli aiuti. Proprio in tale prospettiva, è necessario che l’Italia migliori e acceleri i tempi, visto che il nostro Paese non riesce a utilizzare in tempo tutte le disponibilità finanziarie di cui dispone.
Vita: In conclusione, onorevole Scotti, si riuscirà a raggiungere gli obiettivi del Millennio entro il 2015?
Scotti: Il mondo è ancora in tempo per raggiungere alcuni dei più importanti obiettivi del Millennio.