Famiglia

Tagliare i legami con la famiglia d’origine? Per il minore adottato è una tutela

Si avvicina il giorno in cui la Corte Costituzionale deciderà sulla costituzionalità della legge sulle adozioni, che prevede l'interruzione in automatico dei rapporti con la famiglia d'origine. Anfaa, storica associazione di famiglie adottive, è contraria: «Il diritto dei bambini è quello di avere una famiglia in cui guardare positivamente al futuro. Temiamo che passi un inesistente diritto della famiglia di origine a continuare ad avere un ruolo nella vita del minore adottato. Mantenere i legami in casi eccezionali è già possibile, ma qui rischia di saltare l'equilibrio».

di Sara De Carli

Con l’adozione si diventa figli, senza aggettivi. E il diritto del minore (a cui l’adozione dà una risposta) non è quello di mantenere rapporti con una famiglia con cui condivide sostanzialmente solo il patrimonio genetico, ma quello di poter avere una propria famiglia, in cui crescere serenamente. Senza che il diritto al mantenimento dei legami con la famiglia d’origine finisca per mascherare un inesistente diritto della famiglia di origine a continuare ad avere un ruolo nella vita presente e futura del minore adottato.

Sono queste le ragioni della «forte preoccupazione» con cui l’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie-Anfaa guarda al prossimo 5 luglio, giorno in cui la Corte Costituzionale, relatrice la professoressa Emanuela Navarretta, discuterà l’ordinanza interlocutoria 230/2023 della Corte di Cassazione (in allegato), circa la legittimità costituzionale del passaggio della Legge 184 (art. 27 comma 3): la nostra legge infatti stabilisce che con l’adozione cessino in automatico i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine, fino al quarto grado di parentela. La richiesta di valutazione da parte della Cassazione parte dalla vicenda di due minori, orfani di femminicidio. La responsabilità genitoriale è stata tolta al padre – che è in carcere – e il Tribunale in prima battuta ha affidato i minori ai prozii paterni, rivelatisi poi inadeguati. Di conseguenza si è poi stabilita l’adottabilità. Ora è importante per loro, dice la Corte d'Appello, mantenere rapporti con la nonna materna, con cui conservano una relazioni significativa, e anche con gli zii e i prozii paterni, perché il tema non è rimuovere quel che è accaduto ma rielaborarlo. La legge potrebbe quindi forse prevedere – pare suggerire l’ordinanza – una valutazione caso per caso, in base al superiore interesse del minore, circa la possibilità di mantenere o meno i rapporti con la famiglia d'origine, facendo spazio a una valutazione concreta anziché a un divieto a prioristico.

L’Anfaa, un’associazione di volontariato fondata da Francesco Santanera nel dicembre 1962, si occupa di adozioni da oltre 60 anni e la sua preoccupazione oggi – spiega Frida Tonizzo, la presidente – si fonda proprio nell’aver visto «tante esperienze e casi concreti, la nostra non è certo la pretesa di spiegare agli uccelli come volare». Esperienze di adozione aperta – ossia di un’adozione piena, ma con il mantenimento dei rapporti con la famiglia d’origine, già possibili anche con la legge attuale – in cui questi legami sono stati positivi e «al contrario esperienze di vere e proprie “persecuzioni” da parte di adulti che non hanno mai accettato l’adottabilità dei propri nati, li hanno rintracciati, hanno preteso di interagire con loro, li hanno ricattati (anche economicamente), compromettendo la serenità di tutti». È questo che Anfaa ha raccontato in una lettera aperta scritta in vista della decisione della Corte Costituzionale.

Partiamo dall’inizio: qual è la ratio dell’attuale divieto di rapporti con la famiglia di origine?

L’interruzione dei rapporti è scontata, nel momento in cui con l’adozione piena diventa figlio a tutti gli effetti. Questo rapporto di filiazione, equiparato alla filiazione biologica, è stato ribadito costantemente: si diventa figli e basta, senza aggettivazioni. È così che si realizza la piena tutela del minore. Questa è la premessa. Dobbiamo dire che tale interruzione è necessaria anche per affermare l’appartenenza dell’adottato alla nuova famiglia: un’appartenenza che non può non tener conto della storia pregressa – soprattutto nel caso di minori che sono stati dichiarati adottabili in età preadolescenziale o magari dopo anni di affidamento in cui hanno mantenuto rapporti significativi con qualche componente della famiglia d’origine – e rispetto a cui in alcune situazioni si può valutare positivamente anche il mantenimento di relazioni concrete con alcuni familiari, però una cosa è la conoscenza della propria storia familiare e personale e dei motivi per cui si è stati dichiarati adottabili – il diritto a conoscere una verità narrabile – e un’altra è invece la conoscenza e la relazione con i genitori biologici. Che l’adozione si debba basare sulla cancellazione del passato del minore, Anfaa non lo ha mai pensato, in sessant’anni di storia. Però il rischio che vediamo è che si riconosca diritto della famiglia di origine ad avere un ruolo nella storia presente e futura dell'adottato, a discapito del diritto del minore di poter avere una propria famiglia, in cui crescere serenamente. Il diritto del minore è questo, non quello di mantenere rapporti con una famiglia con cui condivide sostanzialmente solo il patrimonio genetico. Pensiamo a minori che hanno subito per anni maltrattamenti e abusi e che finalmente, con l'adozione, hanno avuto la possibilità di vedere riconosciuto il diritto a una famiglia idonea e a guardare positivamente al loro futuro: esperienze del genere sono ferite sempre aperte o che comunque lasciano cicatrici: non può essere previsto che venga mantenuto un rapporto con un parente/genitore che si è reso autore di quelle ferite, che potrebbero riaprirsi a seguito di rapporti forzati, compromettendo il faticoso percorso avviato con l'inserimento nella famiglia adottiva.

Che l’adozione si debba basare sulla cancellazione del passato del minore, Anfaa non lo ha mai pensato, in sessant’anni di storia. Però una cosa è la conoscenza della propria storia familiare e personale e dei motivi per cui si è stati dichiarati adottabili – il diritto a conoscere una verità narrabile – e un’altra è invece la conoscenza e la relazione con i genitori biologici. Pensiamo a minori che hanno subito per anni maltrattamenti e abusi e che finalmente, con l'adozione, hanno avuto la possibilità di vedere riconosciuto il diritto a una famiglia idonea e a guardare positivamente al loro futuro.

Frida Tonizzo, presidente di Anfaa

Il mantenimento delle relazioni con le famiglie d’origine è quindi già possibile, anche con la legge attuale?

Sì e questa ordinanza interlocutoria sembra dimenticarlo. La legge 173/2015 sulla continuità degli affetti per esempio prevede l’adozione piena di minori che erano stati in una famiglia con un prolungato affido: durante gli anni dell’affidamento il minore ovviamente mantiene i rapporti con i genitori e ci sono situazioni in cui si è previsto che continui a farlo anche dopo l’adozione piena. Tra le famiglie che conosciamo è successo che l’adozione non abbia precluso i rapporti di fatto con componenti della famiglia di origine che avevano un legame affettivo positivo con il minore, ma che non erano in grado di provvedere alle cure – per esempio i nonni – e i giudici hanno previsto che i rapporti fossero mantenuti: in casi eccezionali è successo anche con un genitore. Un altro esempio riguarda il mantenimento dei legami tra fratelli, spesso positivi. Si tratta però di situazioni rare e certamente non generalizzabili. Non possiamo infatti dimenticare che la dichiarazione di adottabilità deriva da privazione di assistenza materiale e morale da parte dei genitori, trascuratezza, maltrattamento. Situazioni che hanno influito negativamente e in maniera traumatica sulle condizioni del bambino e che vanno interrotte proprio nel suo interesse.

Il rischio che vediamo è che si riconosca diritto della famiglia di origine ad avere un ruolo nella storia presente e futura dell'adottato, a discapito del diritto del minore di poter avere una propria famiglia, in cui crescere serenamente. Il diritto del minore è questo, non quello di mantenere rapporti con una famiglia con cui condivide sostanzialmente solo il patrimonio genetico. Per questo secondo noi sarebbe importate lasciare la norma com'è oggi

Frida Tonizzo

Quale auspicate che sia quindi la decisione della Corte Costituzionale il prossimo 5 luglio?
Per noi sarebbe importante lasciare la norma così com’è, perché ulteriori precisazioni potrebbero portare a stabilire che ci possano essere adozioni piene con mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine. Significherebbe che il diritto prevalente del minore va a discapito del diritto della famiglia di origine ad avere un ruolo nella storia presente e futura dell'adottato, con conseguenze negative, se non pessime. Da tempo ci sono campagne mediatiche che hanno sostanzialmente identificato l'interesse del bambino con quello delle famiglie d’origine, ma così non è. Un taglio netto significa dare una seconda chance ai minori. Non diciamo che nella pratica, in alcuni casi eccezionali, non si possa prevedere il mantenimento dei rapporti con alcuni componenti della famiglia d'origine, ma la decisione deve essere sempre in capo all'adottato e ai suoi genitori, non in capo ai genitori di origine che con i loro avvocati pretendono di riprendere rapporti con i loro nati. Il nostro timore è che dettagliando ulteriormente le situazioni, in questo momento si potrebbe arrivare ad una interpretazione capovolta e a dare accoglienza ai presunti diritti della famiglia di origine: non per nulla, invece, la legge stabilisce che l’adottato divenuto adulto possa chiedere di risalire all'identità dei propri genitori biologici ma non il viceversa.

Molti dicono che la realtà, 40 anni dopo la legge, è già cambiata. Gli affidamenti durano molto più a lungo dei due anni previsti per legge e raramente i minori rientrano nella loro famiglia di origine. Cresce la propensione da parte dei figli adottati a rintracciare i propri genitori biologici e anche i social rendono molto più semplice queste ricerche e incontri, nelle due direzioni. Perché non prendere atto che le cose sono già diverse?
La legge non è restata indietro, quando è stato necessario abbiamo avuto sentenze di adozione piena che preveda il mantenimento dei rapporti. Ma questa scelta non può essere in capo ai genitori biologici. La sfida dell’adozione è mettere insieme la storia pregressa con la vita presente e futura, su questo non c’è dubbio, ma i rapporti con persone che sono parte dei questa storia pregressa non possono essere imposti a priori: se tu invece hai una sentenza che prevede il mantenimento dei rapporti, questa diventa da un lato una limitazione della responsabilità genitoriale per i genitori adottivi dall’altra parte è qualcosa che può essere rivendicata. Quel che intendo dire è che finora è stato trovato un equilibrio, mentre ora la preoccupazione è che questo equilibrio possa saltare.

Foto di Bruno Nascimento, Unsplash


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA