Il caso Lombardia
Tagli ai caregiver, ministero dove sei?
In Lombardia ha sollevato grandi proteste il taglio del contributo economico ai caregiver di persone con disabilità gravissima, per spostare quelle risorse sui servizi. Il vicepresidente di Ledha, Enrico Mantegazza, chiede al ministero più risorse e l'avvio di un tavolo per rivedere il Piano Nazionale, dando più tempo e con percentuali più basse di servizi
«Sostanzialmente l’assessore è venuto a dirci quello che sapevamo già, ossia che la Regione Lombardia sta mettendo in atto una norma nazionale che prevede una implementazione dei Leps di processo, seppur gradualmente. Il Piano Nazionale Non Autosufficienza prevede che nel 2024 aumenti la percentuale di risorse economiche del fondo stesso erogate come assistenza diretta. Il fatto è che facendolo ci sono parecchi problemi. Sappiamo che ogni persona disabile ha i suoi desideri e le sue necessità, come pure sappiamo di non vivere nel paese dei balocchi, per cui le risorse sono finite: ma un minimo di civiltà ci vuole e questo minimo è che la messa a terra del cambiamento di rotta previsto dal Piano Nazionale avvenga in maniera che nessuno sia in difficoltà»: Enrico Mantegazza, vicepresidente di Ledha, commenta così l’incontro avvenuto nel pomeriggio del 10 gennaio tra Elena Lucchini, assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità di Regione Lombardia e le associazioni che rappresentano le persone con disabilità gravissima e le loro famiglie.
Un voucher servizi o carta straccia?
A tema, i nodi legati all’attuazione del Piano nazionale non autosufficienza 2022-2024 che nei giorni fra Natale e Capodanno ha visto la Lombardia approvare un decreto che taglia di circa 200 euro il contributo ai caregiver familiari, spostando nei prossimi mesi questa fetta di risorse su un voucher con cui avere servizi in forma di assistenza diretta. Un voucher però che rischia di essere “carta straccia”, dal momento che «i Comuni sanno benissimo di non essere in grado di dare questi servizi alla famiglia, non tanto e non solo per una questione di risorse economiche ma soprattutto per una questione di risorse umane e professionali: non ci sono gli assistenti sociali, non ci sono gli educatori, non ci sono gli infermieri, non ci sono gli assistenti alla persona… Tutte queste risorse vanno formate e preparate, non nascono da un giorno all’altro, nemmeno se avessimo a disposizione tutte le risorse necessarie», sottolinea Mantegazza.
La posizione dell’assessore
L’assessore Lucchini ha annunciato di aver portato il tema all’attenzione della Conferenza delle Regioni, nel corso della Commissione Politiche sociali: «In accordo con gli altri assessori presenti porteremo la questione direttamente al ministro Calderone». Il punto, ha detto, è che serve più tempo: «Pur condividendo la volontà di potenziare i servizi, ho rimarcato la necessità di un tempo congruo per consentire a tutto il territorio un livello adeguato alle esigenze di tutti». In sostanza, racconta Mantegazza, la Lombardia si è impegnata a chiedere al ministero più tempo e anche percentuali proporzionali più basse per la quota di FNA da destinare ai servizi, andando a rivedere quanto scritto nel Piano Nazionale Non Autosufficienza.
Serve un Tavolo con il ministero
«La nostra richiesta è che l’implementazione dei Leps di processo avvenga senza penalizzare alcuna famiglia, cosa che è possibile solo se ci sono risorse economiche e umane appropriate. Non siamo contrari al processo, ma chiediamo che l’applicazione pratica sia definita con regole di buon senso: non si può togliere da una parte per mettere dall’altra. È chiaro che una mamma caregiver non diminuirà le ore di assistenza per il fatto che avrà un contributo monetario inferiore, ma proprio per questo per le persone con disabilità gravissime questa è una presa in giro: i caregiver perdono 200 euro per avere, se va bene, 2/3/4 ore la settimana di assistenza, a dieci euro all’ora i numeri sono quelli. Il caregiver evidentemente presterà la stessa assistenza di prima, ma il suo impegno sarà svalutato. È assurdo, si spostano risorse dai caregiver familiare, che in altre leggi si dice di voler valorizzare, per metterle sull’assistenza diretta, cioè su cooperative ed enti gestori: un’assistenza che costa sicuramente di più», afferma Mantegazza.
Un altro aspetto critico, per il vicepresidente di Ledha, è il fatto che in questo modo «viene meno il diritto della persona disabile a poter scegliere. Nei fatti, se tolgono le risorse monetarie per metterle sui servizi, io non posso scegliere se farmi assistere da un’assistente familiare, se scegliere l’assistenza indiretta o se scegliere un servizio. Lombardia – spostando i soldi da assistenza indiretta ad assistenza diretta invece di aumentare le risorse per mantenere entrambi i canali – dice che non ci sarà possibilità di scelta, ma che la via un domani sarà per tutti quella dell’assistenza diretta, con i servizi erogati dagli enti convenzionati. Non mi si dà alcuna possibilità di scegliere, come invece prevedono le normative internazionali.
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Ledha insieme ad Aisla è stata tra i primi a sollevare la questione, a fine dicembre. «Sia ben chiaro, non vogliamo ostacolare il processo di autodeterminazione o emancipazione di nessuno, però facciamolo senza colpire le famiglie. Questo significa una cosa: metterci risorse in più, economiche e umane. Siamo d’accordo con la legge regionale 25, con la legge 227 di cui stiamo aspettando i decreti, però è evidente dobbiamo considerare anche la prima istanza, il quotidiano, che non può peggiorare. Chiediamo un Tavolo tra ministero, regioni e federazioni nazionali per discutere di come implementare questi Leps di processo in maniera sensata e senza penalizzare nessuno. Non sarà un caso che solo due regioni – Lombardia e Campania – abbiano avviato l’applicazione di questo processo».
Foto da Pixabay
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