Cultura
Tabucchi, la vita ridotta a controfigura
Recensione del libro "Tristano muore" di Antonio Tabucchi (di Andrea Leone).
di Redazione
Il nuovo romanzo di Antonio Tabucchi è un lungo monologo di un uomo morente ; al suo capezzale è uno scrittore, che nel corso di diverse giornate registra le parole del personaggio. Il testo è un lungo canto ironico e funebre del tempo perduto, il resoconto di una lunga allucinazione, un sogno provocato dalla morfina; si passa in rassegna il secolo da poco concluso, in una sfilata di fantasmi della storia europea e non solo, come un corteo evocato dalla parola del protagonista, senza un preciso, ordinato disegno narrativo.
Tristano è una maschera che attraversa la storia incarnandosi in diverse figure e in diverse situazioni. Tutto è già perduto, tutto è già accaduto, in una specie di teatro simultaneo in cui compaiono Clark Gable, Marilyn Monroe, Hiroshima, i dittatori europei, Mussolini, Stalin, Hitler, Franco. Ogni tanto la voce ritorna al presente, con considerazioni sui tempi attuali, poi riporta frasi di amici, poi si rivolge allo scrittore, il cui ascolto non è che la scrittura stessa, quella che noi leggiamo. Impossibile, dice l?io monologante, raccontare la vita. “è più quello che non si ricorda di quello che si ricorda”. I fatti sono mortali e ciò che resta è la voce, la consolazione, la salvezza della parola e del racconto.
Da una parte dunque stanno i fatti, sta la vita, dall?altra parte è il racconto, la voce, la parola, che è aria ma è ugualmente capace di restare. Il commento dell?esistenza è più importante dell?esistenza stessa. Il titolo del libro rimanda a Beckett e al suo Malone muore, così come sono presenti in quest?opera altri grandi autori di monologhi del Novecento, da Proust a Bernhard, da Céline a Svevo. Ma i personaggi di Beckett rivelano nella loro voce il loro terrificante dramma reale e insanabile: quello di non volere essere nati; mentre nessuna vera storia, nessun corpo anima questo libro. Nulla vive qui in carne e ossa, tutto è parafrasi e programmi. La citazione prende il posto di ogni azione. Ogni tempo è già stato e ora viene solo citato, la grande e piccola storia è solo un riferimento enciclopedico, un palcoscenico.
Recenti film e libri che ci vengono dagli Stati Uniti (è un confronto duro ma inevitabile se si vuole sopravvivere) ci dicono che è ancora possibile un?arte, cinematografica o letteraria che sia, all?altezza della vita e del tempo presente; mentre nella cultura europea esiste ormai una incapacità di tragedia. Il tragico (la percezione incessante del tempo) è infatti più forte dove esiste una maggiore volontà di vita. Questo nuovo libro di Tabucchi percorre invece la strada dell?autoreferenzialità, del narcisismo, dell?eterna commedia, e , dopo tutti i fantasmi, della pace dell?estinzione.
Andrea Leone
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